“Dobbiamo ammettere l’esistenza di una ‘questione meridionale’, ma dobbiamo allo stesso tempo evitare che si riduca a sterili rivendicazioni. Dobbiamo affrontarla con urgenza, determinazione, unità. Perché l’Italia tutta ha bisogno che Napoli e il Mezzogiorno siano un motore del Paese”: parole di Mario Draghi, presidente del Consiglio, dette a Napoli. E ha pure aggiunto: “I finanziamenti pubblici sono una condizione necessaria, non sufficiente, per il rilancio del Sud. Il PNRR richiede a tutti noi un salto di qualità nella gestione della spesa. Il piano va completato entro il 2026. Non possiamo lasciare che questi soldi vadano perduti o sprecati, come purtroppo è accaduto in passato ad altri, a molti, fondi europei”.
Gli obiettivi sono, secondo i sindacati: “favorire l’occupazione e la creazione di nuovi posti di lavoro, non solo nel settore pubblico, garantire le condizioni di sicurezza sul lavoro, costruire un grande piano che possa rilanciare le periferie, salvaguardando le condizioni di vita dei cittadini, combattere le illegalità, facendo un investimento sociale nel welfare, prevedere un importante investimento sui trasporti per migliorare la qualità della vita in città e favorire il turismo”.
Tutti questi propositi dentro il Pnrr, ma sulla scuola nulla è stato detto, neanche un riferimento al volo. Eppure, per attuare anche parte di tutto ciò che Draghi e anche i sindaci e i sindacati sostengono bisogna partire dall’istruzione e dalla cultura, perché tutto si annida e nasce da lì.
A partire dalla dispersione e dagli abbandoni, che nel mezzogiorno assumono percentuali ormai intollerabili, e continuare con le strutture stesse che sono lo specchio della efficienza dello Stato e della sua credibilità: moderne, affidabili, confortevoli, efficienti per dare il segno che il Governo controlla ed è funzionante, attivo, vigile. E poi che è in grado di inviare personale qualificato, preparato, pronto a intervenire e soddisfare tutti i bisogni della comunità, come avviene in quelle parti d’Europa dove la scuola tiene e non molla i suoi alunni e i suoi insegnanti.
Una scuola che sappia contrastare i modelli beceri e approssimativi di certe televisioni; che sappia dimostrare le sue valide proposte educative in impedimento e contrasto con le mafie che nella scuola inefficace, distratta, miope e approssimativa spesso trovano i loro manovali.
Da qui bisogna ripartire per implementare ciò che Draghi auspica coi fondi del Pnrr. Certo, il sottosviluppo e la disoccupazione sono cause spesso dello scarso rendimento di molti alunni, ma che molti alunni non riescano a trovare nella scuola le risposte di cui hanno bisogno è pure motivo di quel dissesto che ingolfa il mezzogiorno.
Occorre un esercito di maestri per debellare la mafia, diceva Bufalino. Ci vogliamo augurare che coi soldi in arrivo dall’Europa quell’esercito venga finalmente dispiegato, senza retorica, senza dimenticanze, senza balbettii e negligenze.