E’ lapalissiano che, in futuro, vi sarà una pensione pubblica sempre più bassa (e forse non ci sarà proprio) e diventa quindi una scelta obbligata l’aderire alla previdenza complementare se si vuol vivere una vecchiaia senza eccessive restrizioni. Ma mentre le adesioni ai fondi chiusi con un numero fisso di quote di partecipazione” decrescono, le polizze assicurative gestite sa soggetti privati, come banche e assicurazioni (es. i Pip: Price interest point, come pensione di scorta) continuano a crescere.
L’educazione previdenziale, unita a quella finanziaria, dovrebbe cominciare nelle aule scolastiche. L’educazione finanziaria dovrebbe far capire i mercati, la legge della domanda e offerta, le azioni e le obbligazioni, il portafoglio, l’investimento, le polizze assicurative e la pensione… insomma tutto quello che si faceva – negli Istituti di istruzione superiore – con le lezioni di economia abolite dalla riforma epocalmente Gelminiana! Intanto l’ignoranza in materia economica e finanziaria regna sovrana a tutti i livelli! E dire che, nel maggio del 2007, l’ECOFIN aveva invitato gli Stati membri “a intensificare significativamente, anche con iniziative specifiche del settore finanziario, gli sforzi volti alla sensibilizzazione delle famiglie sulla necessità di ricevere informazione ed istruzione, in modo da accrescere la loro preparazione”.
Occorre sapere che il finanziamento della previdenza complementare passa attraverso l’utilizzo del Tfr. E che questo non viene messo sotto la mattonella e restituito quando si va in pensione, bensì investito nei mercati finanziari in modo da ottenere dei rendimenti che possano accrescere la futura pensione complementare. Su questo molti Italiani si mostrano restii e scettici tanto che si tengono stretto il Tfr e non vogliono fare altre scelte finanziarie. Sia chiaro che il risparmio previdenziale è guardato a vista, non è speculativo e finora ha dato dei rendimenti sempre più favorevoli rispetto a quelli del Tfr.
L’educazione finanziaria comporta benefici e può aiutare: a pianificare eventi importanti, affrontare situazioni impreviste, investire con prudenza e risparmiare in vista della pensione, oltre a evitare di essere vittime di frodi. I giornali economici andrebbero “inviati” gratuitamente a tutto il popolo della rete. Mauro Marè sul Sole24Ore del 15 dicembre u.s. elenca alcune idee basilari:
1. I sistemi di welfare tradizionali, data la longevità e il diverso mercato del lavoro, non sono più sostenibili. Ci piaccia o no, non c’è altra soluzione diversa dalle dure riforme che hanno molti meriti, anche se si può dissentire sugli effetti distributivi e sociali. Ma sono state introdotte con un errore sistematico: i sistemi a ripartizione devono adeguarsi alle condizioni del mercato del lavoro, alle caratteristiche reddituali e occupazionali delle persone su cui verrà effettuato il prelievo contributivo; una carriera “regolare” di 40 anni, semplicemente, non esiste più.
2. È ora di dire come stanno le cose, perché la verità deve avere sempre il primo posto. Va promossa una campagna informativa molto ampia. Ma i lavoratori, anche informati, potrebbero non aderire ai fondi pensione e agli strumenti di welfare integrato.
3. Gli aggiustamenti al welfare vanno realizzati subito, dato il potere elettorale crescente del numero degli cittadini già pensionati.
4. E’ sbagliata l’idea del Tfr in busta paga, perché priverebbe di risorse le imprese e i fondi pensione. Ed è tutto da dimostrare che il lavoratore penserebbe al risparmio piuttosto che a sostenere le sue spese correnti. I sistemi pensionistici misti sono superiori – sotto diversi profili – rispetto a quelli solo a ripartizione o a capitalizzazione: per la diversificazione dei rischi che garantiscono e sicuramente per i vantaggi che offrono al processo di selezione degli investimenti e alla minimizzazione del rischio politico.
Costruirsi una pensione di scorta, è ormai una scelta obbligata, per chi se lo può permettere ovviamente. Si può tra l’altro approfittare delle generose deduzioni che lo Stato concede e che non sono state ritoccate neppure da questa nuova legge di Stabilità. Prima si comincia meglio è. Iniziando a versare 3mila euro l’anno a 25 anni, si può ottenere a 70 anni un rendita annua stimata pari 11.435 quasi il doppio del vitalizio di chi comincia a 40 anni, versando la stessa cifra.
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