Signor Presidente del Consiglio, signor Ministro dell’Istruzione,
nel 2015, agli albori della Buona Scuola, uno dei punti giudicato qualificante era il premio da assegnare ai due terzi degli insegnanti. Si trattò di uno degli espedienti pensato da quanti del lavoro degli insegnanti poco sapevano per tre motivi:
1) il provvedimento premiava solo due terzi degli insegnanti di ruolo; 2) non era stato considerato il personale ATA; 3) il bonus minava le basi del lavoro scolastico, fatto di collaborazioni tra docenti.
In risposta all’allora Presidente del Consiglio scrissi una lettera, della quale voglio riprendere alcuni passi, perché mostrano quanto iniqua sia l’azione che si sta predisponendo da parte del Vostro governo in merito alla Scuola Pubblica Statale. Il destinatario di quella missiva era il presidente Matteo Renzi. Ma sarà sufficiente sostituire Matteo Renzi con Mario Draghi, o Patrizio Bianchi, per renderla, alla luce dei provvedimenti in cantiere, ancora attuale.
“Ho letto il suo documento ed ho trovato sulla progressione di carriera aspetti che non convincono. Come è possibile che Lei sappia in anticipo che solo due terzi degli insegnanti avranno diritto al premio? E se fossero i quattro quinti ne lascerebbe fuori una parte perché si è avuta la disgrazia di avere un esubero di insegnanti competenti? E se fosse solo un terzo ne recupererebbe la parte mancante attraverso meccanismi improbabili? Non teme che il Suo meccanismo premiante possa attivare conflitti non sanabili? Pensa davvero che io, in possesso di una buona soluzione didattica e in presenza del problema di un mio collega con un alunno o una classe, la renderò disponibile con il rischio di essere espulso dalla rosa dei vincitori? ”
Questo, in estrema sintesi, scrivevo nel 2015 in relazione al bonus premiale, prima di ricondurlo nell’alveo della contrattazione a beneficio di insegnanti e personale ATA. Ma dico ancora che l’idea del Vostro Governo, se fosse possibile, è peggiorativa rispetto alla stessa Buona Scuola, perché se i due terzi di premiati previsti dal Governo Renzi erano un’offesa verso chi lavora, il 40 per cento nel decreto in discussione tradisce una valutazione e visione al ribasso delle competenze in possesso di insegnanti e personale ATA impegnati nella fatica quotidiana di affrontare e risolvere problemi spinosi.
Se poi consideriamo che la “premiazione” avverrà attraverso la riduzione di voci di bilancio progettate a beneficio di tutti (il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e la carta docente), e la riduzione in prospettiva di 10.000 cattedre, viene rappresentato l’impoverimento di risorse che a tutt’oggi, ancorché insufficienti, sono nella disponibilità della contrattazione di istituto assegnate a fronte di un impegno certificato e senza improbabili percentuali o destinate alla libera formazione.
Gianni Dessanti
membro del consiglio direttivo provinciale FLC-CGIL di Sassari