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Come fare a motivare gli insegnanti?

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Costruire un sistema scolastico che ponga cura e attenzione al ruolo del docente riabilitandolo dal punto di vista sociale ed economico, sarebbe la mossa giusta per fare ripartire la scuola.
Un insegnante motivato, ben retribuito e che abbia la considerazione sociale dovuta, è il presupposto necessario per innalzare il livello della qualità dell’insegnamento. Sarebbe ora di finirla con il luogo comune che relega il docente nel ruolo di “missionario”, che per spirito deontologico e di attaccamento alla propria funzione, svolge i suoi compiti in qualsiasi condizione, anche oltre le norme contrattuali.
Il pensiero di molti docenti è rivolto sempre ai propri alunni, adolescenti bisognosi di essere formati, e che nessuna colpa hanno dello status della scuola pubblica italiana, ma anzi ne sono vittime.
Nella scuola di oggi, gli insegnanti vivono un profondo disagio anche psicologico, che in alcuni casi diventa patologia: si chiama “burnout”.
Ma, come fare a motivare gli insegnanti? Si dovrebbe pensare ad un rinnovo del contratto scuola, capace di dare attenzione ad alcune esigenze ai docenti.
Pensiamo ad esempio ai docenti soprannumerari chem perdendo la loro titolarità, vivono un vero e proprio trauma, dannoso sia nel morale che nel fisico. Si potrebbe prevedere un organico funzionale che riduca il fenomeno che sta crescendo esponenzialmente della soprannumerarietà, e per chi comunque perde il posto delle garanzie di mantenimento della continuità.
Per chi è costretto a viaggiare, perché titolare in scuola lontana dalla residenza, si potrebbe pensare a dei buoni benzina. A chi è chiamato a restare in servizio anche il pomeriggio, per assolvere alle attività funzionali all’insegnamento, sarebbe giusto pensare di assegnare dei buoni pasto, così come avviene in altre amministrazioni pubbliche.
Come si può pretendere di avere docenti motivati, se le norme sulla categoria sono sempre più vessatorie e i contratti valgono poco più della carta straccia?
Dopo la legge Fornero, ci troviamo docenti fortemente depressi che continuano ad insegnare come fossero degli automi, costretti dalla legge ma impediti dalle loro angosce interiori. Ma è questo il modo per fare ripartire l’istruzione?
L’istruzione riparte, ripartendo dalla felicità di chi insegna. Se chi insegna è triste, demotivato e sconfortato la scuola non solo non riparte ma rischia di sprofondare nel tunnel del non ritorno. Bisognerebbe esortare il ministro Carrozza, a fare un rinnovo contrattuale capace di restituire un sorriso alla categoria del personale scolastico, in modo da fare ripartire davvero l’istruzione del nostro Paese. Servono le risorse finanziarie, che ci piace chiamare “della felicità degli insegnanti”, per rimettere in moto il nostro sistema scolastico, partendo dalla motivazione dei principali attori della scuola, gli insegnati appunto.
Nel rinnovo del contratto bisognerebbe sanare la disuguaglianza retributiva, sciocca ed incomprensibile, tra docenti dei vari ordinamenti. Perché un docente di matematica delle scuole secondarie di primo grado dovrebbe prendere uno stipendio inferiore, rispetto ad uno stesso docente di matematica delle scuole secondarie di secondo grado? Forse la logica è: “Più i ragazzi a cui insegni sono grandi, maggiore è l’impegno di lavoro?”.
Crediamo che queste distorsioni andrebbero discusse e risolte con il nuovo contratto della scuola. Ma a quanto sembra, dalla reazione dei sindacati, dopo un incontro con il Ministro si intravedono poche luci e rimangono molte ombre. Forse non c’è una vera volontà di rinnovare il contratto scuola? Se così fosse lo slogan “l’istruzione riparte” potrebbe trovare una sua conclusione affermando che ”l’istruzione riparte con docenti infelici e demotivati”.