Home I lettori ci scrivono La Scuola non vizia, educa, ma spesso in mezzo ai calcinacci…

La Scuola non vizia, educa, ma spesso in mezzo ai calcinacci…

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Un po’ di anni fa, a scuola, stavo compilando un verbale in un ufficio di segreteria.
A mano, come si faceva una volta, dopo aver svolto il relativo consiglio.
Il vicepreside entrò nella stanza e mi invitò a spostarmi altrove: ero seduta in un punto pericoloso per caduta calcinacci. Non me ne ero accorta.
Ebbene quella dell’edilizia carente e pericolosa, relativa a qualche anno fa, è una questione ancora viva e reale in molte scuole. Provare a risolvere il problema è possibile.
Così come migliorare la qualità della nostra istruzione è possibile.
Aiutare a far funzionare la scuola oggi si potrebbe con poco.
Si dovrebbe partire dal necessario (questo è palese).
Due necessità primarie su tutto: strutture adeguate e a norma e senza rischi; riduzione classi pollaio.
Ma ciò che è palese di fronte ad un elementare buonsenso non trova risposta nell’azione politica.
La distorsione è antica, ma oggi siamo ad un epilogo.
Il governo Draghi, infatti, nei giorni scorsi, in gran fretta, e senza alcuna concertazione con le parti sociali, bypassa questa priorità apodittica e destina una parte cospicua dei fondi del Pnrr ai membri di una Scuola di Alta formazione che dovrebbe “ADDESTRARE” i docenti in modo particolare all’uso del digitale.

Ai tempi della “Buona scuola” girava un vignetta: un operaio portava sulle spalle una LIM e chiedeva dove dovesse posizionarla, ma la scuola in cui andava collocata la LIM era a pezzi, fatiscente, con il tetto cadente e calcinacci grondanti da ogni dove.
Mai stata tanto esemplificativa una vignetta della situazione scolastica italiana e dell’inganno politico sulla Scuola.
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Al di là di queste considerazioni preliminari, vorrei spiegare perché questi finanziamenti che andranno nelle tasche dei formatori non aiuteranno i giovani, non incideranno sul miglioramento dell’istruzione né risolveranno i problemi atavici della scuola.
Oltre a irridere il comune buonsenso.

Partiamo da una semplice domanda: Cosa serve per fare lezione?
Direi: preparazione disciplinare e capacità di rapportarsi ai ragazzi.
Parto dalla mia modesta esperienza sul campo.
Insegno italiano, latino, geostoria in un liceo.
La mia “lezione -tipo” al triennio è “a braccio”.
Spiego.
Ogni tanto appunto qualche parola chiave o qualche nodo focale su lavagna, se lo ritengo importante.
Essa deve essere agile e non deve durare troppo.
Deve rendere chiara la complessità, non eluderla: una delle abilità dominanti di un docente è saper porre/proporre la complessità rendendola fruibile e appetibile ai giovani, abituati sempre più ad una esemplificazione troppo scarna di giudizi e di parole.
A volte i miei alunni, in modo spontaneo prendono qualche appunto che sarà solo spunto preliminare allo studio.
Dopo la mia esposizione possono chiedermi tutto quello che non è chiaro o fare altre domande.
Spesso si apre un dibattito che, per fortuna, termina anche altrove.
Si fa l’assegno, poi a casa un altro passo fondamentale: l’approccio con il libro.
Loro segneranno a matita, qualche punto poco comprensibile per poi chiedere spiegazioni ulteriori a me.
La fase dello studio è fondamentale quanto la partecipazione e la comprensione di ciò che è avvenuto in classe.
Si, perché ogni lezione AVVIENE ed è un avvenimento che si nutre oltre che della cultura a e della sensibilità degli attori in campo anche delle variabili quotidiane del momento.

A casa l’allievo resta solo col testo e si rapporta a esso.
Questa SOLITUDINE è di un’importanza vitale.
Qui giocano la loro parte alcune difficoltà strumentali e fondamentali per il processo cognitivo: lessico (quindi uso del vocabolario), metodo di studio, personalità e attitudini del ragazzo/a, spirito di sacrificio.
Questo sacrosanto spirito di sacrificio è fondamentale e si abilita anche attraverso lo studio.

Nei giorni successivi gli allievi possono chiedermi ciò che hanno segnato a matita e io chiarisco ulteriormente.

Questi passaggi sono fondamentali per l’apprendimento tanto quanto l’apporto personale, la riflessione che accompagna ed è sostanziale all’atto dell’imparare.

In altri luoghi ho già chiarito che una lezione non è mai e solo lezione “sui“ e “dei” contenuti (dai contenuti si parte) ma è lezione legata al “sentire”.
Serve a risvegliare in noi la vita, le emozioni, il pragmatismo, la percezione.
Tutto funziona nella misura in cui è interiorizzato.
“Tertium non datur”.
Il nucleo della scuola è questo. E può salvare la vita (lo affermo senza alcuna retorica).

A nulla valgono in questo senso digitalizzazione e formazione coatta.
A che pro?
In ogni caso i ragazzi non vanno inseguiti né su facilitazione né su digitale.
I ragazzi vanno ascoltati, educati, non accontentati.
La Scuola non vizia, educa. Non protegge.
Apre alla vita e alle difficoltà (complessità) .
Il digitale è già loro ed è “troppo”, “tanto”; invasivo, nocivo.
Gli unici strumenti dinamici, validi per la formazione dei ragazzi restano: docente (con la su libertà), sapere e libri.
La lezione frontale è la base di questa COSTRUZIONE che non farà crollare e disperdere mai calcinacci dalla formazione di individui e cittadini.
Questo resta l’unico virile antidoto all’ignoranza e alla conquista della libertà. In tutti i sensi.

Questo lo sanno, e fingono di non SAPERLO.
Dunque i fondi stanziati per l’Alta Formazione sono soldi buttati al vento che serviranno solo ad impinguare le tasche di qualcuno, di qualche ente ma che non hanno nulla a che vedere con l’evoluzione della Scuola e la crescita formativa delle nuove generazioni.
La soluzione del governo non incide sui problemi ancestrali e sul miglioramento del processo educativo, come del resto le soluzioni operate negli ultimi trent’anni.
La politica , infatti, attraverso un’ ampia opera di propaganda è riuscita a distorcere la lente, il punto di vista, e continua a farlo.
I docenti che sono la “ricchezza” della scuola, paradossalmente sono stati additati, invece, come la causa della crisi della scuola. Basta rimembrare gli epiteti “fannullone” o la fantomatica frase “tre mesi di vacanza”.
E’ questa l’immagine più ricorrente degli insegnanti in Italia, ora a questa si aggiunge anche quella di retrivi.

Certo la mia è una strada, un‘idea, ma per me (e spero per qualche altro) resta l’unica.
Non ci addestreranno MAI.

Teresa Apone

Gruppo La nostra scuola – Associazione Agorà 33

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