Libro che consigliamo e che ci venne in contro, all’epoca della sua pubblicazione, subito dopo avere studiato il suo, di G. Doman: Cosa fare per il vostro bambino cerebroleso, (Armando). La tesi dello studioso americano nasce dopo avere esaminato migliaia di ragazzi americani con handicap gravi e che lui riesce per lo più a fare migliorare puntando tutta l’attenzione sulle lesioni celebrali che si possono creare a vario motivo e a vari livelli. In ogni caso il punto qualificante della tesi di Doman è il seguente: se un bambino riesce a parlare bene e compiutamente a tre anni, deve pure essere in grado di leggere. Perché? Perché, secondo il ricercatore americano, l’attività del parlare è uguale a quella del legge ed entrambi sono capacità tipiche dell’uomo e controllate dalla Calotta cerebrale. Scrive ancora Doman che se si scrivessero le parole in corsivo grosso e si presentassero ai bambini lentamente e costantemente e gradatamente imparerebbero a leggere, visto che imparano a parlare in condizione del fatto che la mamma, e tutti coloro che hanno a che fare col bimbo, gli insegnano a parlare scandendo le parole e pronunciandole a voce alta.
E perché farlo? Perché si chiedono in molti, sfruttare così “malamente” il tempo dei ragazzi, rubandoglielo al gioco?
Il punto è, secondo Doman, il concetto di gioco: non può rivelarsi anche un gioco apprendere a leggere? E perché mai tutte le attività che coinvolgono la conoscenza debbono essere intese come noia o sacrificio?
Fra l’altro, constata Doman, tanti bambini che sono lasciati davanti alla Tv, imparano abbastanza presto particolari parole legate soprattutto a pubblicità e réclame, tant’è che alcuni insegnanti di lingue straniere adottano similare strategia per i loro alunni.
Concludiamo questa brevissima “riedizione” di Doman, dicendo che, da neuropsichiatra infantile, il metodo succitato lo sperimentò per prima sui bambini cerebrolesi i quali, racconta nel suo libro, furono in grado perfino di capire la parola che veniva subito dopo quella che stavano leggendo.
Questa breve osservazione la lanciamo, anche per dire che in effetti anticipare di un anno l’iscrizione a scuola forse si potrebbe anche fare, ma si dovrebbe pure sgranocchiare qualche vecchio luogo comune