Il primo appuntamento della Tecnica della Scuola con le dirette di Educazione civica ha visto la partecipazione di oltre 700 scuole per un totale di circa 15mila alunni. Un evento particolarmente atteso dagli istituti scolastici (superiori, in particolare) in vista del voto del 25 settembre, al quale i diciottenni (sono 500mila secondo l’Istat) vogliono arrivare preparati e con tutta l’intenzione di apporre la propria x sulla scheda elettorale.
Non a caso, nel corso dell’appuntamento ai formatori, il professore Giuseppe Marazzita (ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Teramo) e gli avvocati del progetto Lawpills, Giulia Ferrari e Giorgio Molinari, sono giunte numerosissime domande relative alle modalità di voto e di espressione della preferenza, segno che non si vogliono commettere errori, una volta dentro la cabina.
In quali casi la scheda è nulla? hanno chiesto gli studenti. Che significa scheda bianca? Se per sbaglio traccio sulla scheda un piccolo scarabocchio mi verrà annullata? Posso portare il cellulare in cabina elettorale? Succede qualcosa se non voto? Se dovessi cambiare idea all’ultimo momento posso chiedere una scheda pulita e ripetere l’operazione?
Una giornata che per gli studenti partecipanti (dalla terza media al quinto superiore) ha rappresentato una sorta di scuola di voto, come hanno scritto di noi alcune testate che hanno rilanciato l’iniziativa.
E non sono mancate domande di natura più politica, da parte dei ragazzi: perché i sedicenni non possono votare? Perché la nostra non è una repubblica presidenziale? Perché gli studenti stranieri che risiedono stabilmente sul nostro territorio non possono votare ma devono subire il voto degli altri?
A chi spetta il diritto di voto?
Una domanda, quest’ultima, alla quale il professore Marazzita ha risposto in maniera molto netta: “Attualmente nel nostro ordinamento la cittadinanza si acquisisce per ius sanguinis, cioè se sono figlio di cittadino italiano automaticamente sono italiano. Eppure ci sono persone straniere che hanno trascorso più anni in Italia che all’estero. Ecco, io sul tema ho un’idea piuttosto avanzata – commenta l’esperto di diritto costituzionale – io sarei per legare il diritto elettorale alla residenza stabile in Italia. Senza nulla togliere ai cittadini italiani che vivono all’estero – precisa – non ha molto senso che un argentino di terza generazione possa votare per il mio Paese quando lui non paga le tasse in Italia, segue poco le nostre vicende e usufruirà poco del cattivo o del buon Governo del nostro Paese, mentre una persona che vive in Italia, usa i trasporti italiani, lavora in Italia, paga le tasse in Italia e alla fine non possa votare. Io credo che con gradualità e con cautela – conclude il professore Marazzita – i diritti elettorali debbano legarsi alla residenza stabile in Italia, al pagare le tasse e naturalmente all’essere regolare“.