Secondo gli ultimi dati forniti dall’Ocse, nel nostro Paese il 62% degli insegnanti ha più di 50 anni e solo 27 docenti su mille hanno meno di 30 anni.
Certamente l’attuale sistema di reclutamento del personale docente della scuola statale non contribuisce all’abbassamento dell’età media della classe docente, anzi costituisce un ostacolo concreto all’accesso dei giovani al mondo della scuola, che peraltro non è agevolato dal necessario possesso dell’abilitazione per accedere in maniera stabile alla professione docente.
Dopo la tornata concorsuale del 1999/2000, in cui non era richiesto il necessario possesso dell’abilitazione all’insegnamento per l’accesso al concorso, ed il recente concorso ordinario indetto con DDG 82/2012 in cui i laureati post 2001/2002 potevano partecipare solo con il possesso dell’abilitazione, in base all’attuale assetto normativo quest’ultimo requisito sarà necessario per poter partecipare ai prossimi concorsi ordinari a cattedre.
Per acquisire l’abilitazione all’insegnamento oggi però occorre affrontare un percorso ad ostacoli che, se da un lato non incoraggia di certo gli aspiranti docenti, dall’altro allunga notevolmente i tempi per l’accesso concreto alla professione docente (dopo il corso di studi universitario, occorre infatti passare attraverso il Tfa o i Pas per poter conseguire l’abilitazione).
Dalle centinaia di mail e lettere che riceviamo in redazione da parte di giovani aspiranti docenti, abbiamo colto l’esigenza, quantomai diffusa, di uno snellimento delle procedure di reclutamento, in atto articolate tra concorso ordinario e graduatorie ad esaurimento.
Gli interventi da porre in essere per riformare l’attuale sistema, dovrebbero essere articolati in due o più fasi, per affrontare le esigenze immediate e quelle del medio periodo per poi entrare a regime.
Nell’immediato, di certo occorre tutelare sia chi nella scuola ha già lavorato come precario, anche per diversi anni, sia i più giovani che vorrebbero affacciarsi all’insegnamento.
Nel medio periodo, sarebbe necessario assorbire progressivamente per poi eliminare del tutto il fenomeno del precariato; in questa fase influirà di certo il giudizio che a breve emetterà la Corte di Giustizia CE sull’attuale sistema legislativo interno che consente un patologico ricorso ai contratti a termine.
Alimentare le speranze di migliaia di giovani aspiranti all’insegnamento con l’istituzione di canali per il conseguimento dell’abilitazione (Tfa, Pas), per poi non poter loro garantire l’accesso stabile al mondo della scuola, contribuisce infatti a mantenere livelli di precariato indubbiamente preoccupanti e contrari ai principi comunitari.
In quest’ottica le graduatorie ad esaurimento, che non dovrebbero vedere alcun nuovo inserimento, dovrebbero essere utilizzate fino al loro effettivo esaurimento.
Nel lungo periodo, riteniamo invece che il sistema di reclutamento debba essere basato esclusivamente sulla selezione e formazione mediante lo strumento del concorso, da effettuare con cadenza periodica, possibilmente biennale.
Il concorso pubblico per esami e titoli, cui accedere con il solo possesso del titolo di studio, dovrebbe quindi costituire l’unico canale di accesso ai ruoli del personale docente.
Una volta superato il concorso, i candidati dovrebbero seguire un corso di “vera formazione” affidata a docenti esperti delle istituzioni scolastiche, con competenze certificate in campo metodologico-didattico, concluso da un esame di abilitazione professionale.
La formazione vera e propria dei docenti dovrà quindi essere dedicata esclusivamente ai vincitori dei concorsi i quali, dopo il superamento delle prove concorsuali, saranno coinvolti in un’attività di formazione sul campo (come accade nell’attuale sistema di accesso alla magistratura che prevede un periodo di uditorato obbligatorio dopo il concorso), possibilmente nell’ambito di un sistema di scuole in rete che possa offrire un mix di competenze per contribuire a formare i nuovi docenti.
Il superamento del concorso garantirà quindi la formazione professionale, con il conseguente accesso ai ruoli, contrariamente quanto accade con l’attuale sistema che sforna sistematicamente nuovi abilitati senza poter garantire loro l’accesso al lavoro.