Si parla ancora di merito a scuola e del significato della scelta di cambiare la denominazione del Ministero di Viale Trastevere in Ministero dell’Istruzione e del Merito, fatto che probabilmente traccerà la strada che percorrerà il nuovo Ministro Giuseppe Valditara.
Il merito è il tema principale dell’intervento dello storico e accademico Ernesto Galli della Loggia pubblicato da Il Corriere della Sera. Secondo quest’ultimo non è da condannare l’inserimento del concetto di “merito” accanto a quello di “istruzione“: “Chi ha cominciato a stracciarsi le vesti al solo sentire che con il governo Meloni la dizione del ministero dell’Istruzione avrebbe visto l’aggiunta ‘e del merito’, vedendo in ciò un subdolo attacco alla ‘scuola dell’eguaglianza’ e quindi direttamente alla democrazia, mostra di sapere ben poco della scuola, dell’eguaglianza e della democrazia”.
Lo storico cita la nostra Carta Costituzionale: “La nostra Costituzione, all’articolo 34, parlando dell’istruzione, menziona esplicitamente ‘i meritevoli’: dovremmo allora dedurne che anche i padri costituenti fossero dei nemici dell’eguaglianza e magari della democrazia? E come facevano a pensare che si potesse risultare ‘meritevoli’ a scuola — viene pure da chiedersi — se non fossero stati anche convinti che la scuola dovesse porre al centro il merito?”.
A quanto pare, secondo Galli della Loggia, in Italia non c’è merito attualmente a scuola, e non c’è nemmeno uguaglianza: “I nemici del merito oltre a conoscere poco la Costituzione sembrano conoscere ancor meno la scuola. Infatti l’attuale scuola dell’eguaglianza che essi intendono difendere non è per nulla tale. È anzi vero l’opposto. La scuola italiana è in realtà una scuola della diseguaglianza, di una profonda diseguaglianza”.
Due esempi di disuguaglianza a scuola
Innanzitutto, secondo lo studioso bisogna sottolineare le profonde differenze tra Nord e Sud Italia, a suo avviso riscontrabili anche nella qualità degli insegnanti: “Da tutti i punti di vista gli alunni del Mezzogiorno, ad esempio, godono di condizioni dell’istruzione mediamente di gran lunga inferiori a quelle nel resto del Paese: dallo stato degli edifici scolastici, alle dotazioni degli istituti, alla qualità degli insegnanti. Così come sempre nel Mezzogiorno — ma senza che nessuno degli apostoli dell’eguaglianza se ne sia mai fatto un problema — sono assai più gravi i dati dell’evasione dell’obbligo scolastico e dell’abbandono: che in una regione come la Sicilia o in certe zone come il centro storico di Napoli raggiungono cifre spaventose”.
Poi viene citato un altro problema, che ha a che fare con le condizioni sociali dell’utenza scolastica: “Ancora: un po’ dovunque in Italia, ma in una misura ben più alta nel Sud d’Italia, i dirigenti scolastici hanno l’inveterata e diffusa abitudine di comporre le sezioni secondo evidenti criteri di classe, raggruppando cioè in una sezione — quella con gli insegnanti migliori — tutti gli studenti figli dell’élite locale o comunque appartenenti ai ceti collocati più in alto nella scala sociale”.
Tendenza a promuovere tutti?
“La verità è che la scuola italiana non è una scuola dell’eguaglianza proprio perché non è una scuola del merito. Perché da due o tre decenni tutti i fenomeni detti sopra e di conseguenza la grande disparità qualitativa dell’istruzione impartita agli studenti da regione a regione, da sezione a sezione del medesimo istituto, sono di fatto occultati dal generale orientamento alla promozione generale finale. Perché la diseguaglianza territoriale e classista viene nascosta dietro la cortina fumogena dell’ormai ridicolo rito estivo di esami di licenza finale che dalle Alpi al Lilibeo vedono percentuali di promossi regolarmente intorno al cento per cento. Tanto ci penserà poi il potere sociale delle singole famiglie a ristabilire le distanze e a mettere le cose a posto”, ha continuato.
Resta da capire come, nel concreto, si vorrà cambiare la scuola: “Rimane naturalmente aperto, apertissimo, il problema di come questo merito debba per così dire essere costruito, di quali ne siano per ogni disciplina i contenuti essenziali, di come gli studenti possano e debbano acquisirlo, nonché il modo più appropriato per valutarlo. Tutte questioni importanti a definire le quali concorrono l’esperienza preziosa degli insegnanti e le riflessioni di una disciplina che ha il nome per l’appunto di pedagogia. E sulle quali è giusto attendere al varco il ministro per capire meglio in quale direzione ci si muoverà”, ha concluso Galli della Loggia.