“Per quanto riguarda le scelte dei nuovi iscritti, sono le facoltà scientifiche a ottenere le maggiori preferenze, assorbendo nel 2010 il 33,5% delle immatricolazioni contro il 32,6% del 2009. Le facoltà umanistiche perdono terreno (con il 16,8% delle immatricolazioni contro il 17,1 dell’anno prima) e quelle sociali (37,8% nel 2010, 38,4% nel 2009). Stabili le lauree sanitarie, anche perché l’ingresso è a numero fisso. Vanno controcorrente rispetto a questi dati gli iscritti ai politecnici, che vedono aumentare, rispetto al 2007, la percentuale sugli iscritti totali dal 4,4% al 5,1%”, questo e quanto scritto in un articolo de La Repubblica.it nel 2011.
A tal proposito in un’ intervista fatta a Cristina Pasqualini, docente di Metodologia delle scienze sociali all’Università Cattolica di Milano, e pubblicata su un blog de Il Giornale.it, alla domanda: quando conviene la laurea umanistica e quando quella tecnica?, la risposta è stata la seguente:« Nel nostro Paese al momento conviene una laurea tecnica piuttosto che umanistica. Quest’ultima infatti apre mediamente carriere lavorative più lente, difficili, precarie, con retribuzioni meno elevate e, anche per questo, spesso demandate alle donne. In questi ultimi anni, alcune professioni e alcuni luoghi di lavoro stanno diventando sempre più di pertinenza di soli uomini e altri di sole donne, riproducendo vecchie separazioni e stereotipi difficili da sradicare, a totale svantaggio della qualità complessiva del lavoro».
In un altro blog di Mediaset Tg 24 si scrive: “per superare la crisi bisogna reinventarsi, punto. L’università deve insegnare prima di tutto a pensare, poi a lavorare. Una buona università ha il compito di offrire ai giovani gli strumenti per usare bene la propria testa, condizione imprescindibile per riuscire a presentarsi nel mondo del lavoro con un valore aggiunto, con qualità diverse. E in questa prospettiva le università umanistiche hanno una marcia in più, nonostante siano in molti a sostenere il contrario “.
Da tener presente che nel 2011 Confindustria affermava: “bisognerebbe orientare meglio i ragazzi su percorsi di studio concretamente spendibili nel mercato del lavoro, e quindi indirizzare risorse verso gli istituti tecnici e le facoltà tecnico scientifiche “.