Il presidente dell’Invalsi Roberto Ricci, ai microfoni della Tecnica della Scuola, intervistato dal nostro vice direttore Reginaldo Palermo, ha risposto puntualmente alla polemica di questi giorni circa la considerazione per la quale i dati Invalsi usati per l’individuazione delle fragilità degli alunni rappresenterebbero una sorta di schedatura di massa.
“Innanzitutto – chiarisce in premessa il presidente Ricci – quelle sugli indici di fragilità sono rilevazioni già avvenute; in secondo luogo si tratta di una proposta che Invalsi ha fatto su base volontaria. Vi hanno aderito circa l’80% delle scuole individuate come destinatarie dei fondi sulla dispersione scolastica e il 20% delle scuole che non sono state destinatarie di questa linea di investimento”.
“Il dato che abbiamo inviato alle scuole – continua – le scuole lo avevano già, ma noi lo abbiamo fornito in modo più semplice da fruire, con gli alunni classificati in base agli indicatori o meno di una situazione di fragilità. Proprio nel momento in cui abbiamo lanciato la proposta alle scuole, noi abbiamo raccomandato di integrare queste informazioni con le altre in possesso degli istituti, ovvero con gli esiti degli scrutini, con gli eventuali percorsi di recupero, con tutte le informazioni che le scuole hanno, e nessuna informazione si sostituisce all’altra ma va tutto integrato. Ma ripeto: non c’è nulla di obbligatorio”.
Le scuole sono state formate sull’analisi dei dati? “Sì, per la gestione di questi dati Invalsi ha tenuto più di 60 webinar per le scuole, organizzati in piccoli gruppi di partecipanti, così da dare alle scuole lo spazio per formulare le domande. E a dimostrazione dell’inconsistenza della polemica di questi giorni, il webinar è stato estremamente sereno, con atteggiamenti costruttivi delle scuole, che ponevano domande nel merito dei dati”.
Ma in molti contestano: la dispersione c’è, la si vede anche senza gli scienziati dell’Invalsi. Come rispondere a questa argomentazione? “Questo non è un approccio costruttivo – osserva Roberto Ricci – perché i ragazzi che abbandonano la scuola o quelli che la concludono senza le competenze di base rappresentano un problema molto grave per il Paese, e non dobbiamo perderlo di vista. Quanto sia la dispersione lo sappiamo, è al 12,7%, ma quello di cui non dobbiamo perdere contezza è chi sono quei giovani che formano quel 12,7% perché dietro i numeri ci sono persone che vivono un’esclusione dalla società di oggi e da quella del futuro, ecco perché il monitoraggio è fondamentale. Dobbiamo aiutare in tutti i modi questi ragazzi. Dobbiamo discutere quali sono i modi migliori per aiutare queste persone piuttosto che fare polemiche sterili”.
Il tema del rispetto delle regole sulla riservatezza dei dati. C’è chi dice che gli alunni vengano schedati in questo modo. Si tratta di un problema reale? “Facciamo chiarezza in modo sereno – ha risposto il presidente Invalsi – e chiariamo la faccenda una volta per tutte: l’Invalsi non dispone dei nomi e dei cognomi degli studenti, questo è un dato che non rileviamo e quindi nei nostri archivi non c’è, va detto una volta per tutte. Il rispetto per le normative sulla protezione dei dati è fondamentale, certo, ed è per questo che l’operazione è stata pensata per rispettare la norma”.
Come funziona la procedura? “Le scuole su base volontaria, se lo ritengono utile, caricano sulla pagina riservata dell’Invalsi un elenco di codici per i quali l’Invalsi non ha un nome e cognome ma una matricola. L’Invalsi attacca a questa matricola il dato in modo che la scuola possa fruirne in modo semplice: non c’è alcuna uscita di informazioni dalla scuola, la quale è già depositaria di queste informazioni. Non c’è in alcun modo uno spostamento di informazioni in contesti non previsti dalla norma. E ancora il ruolo dei registri elettronici è coerente con questo sistema. I registri elettronici hanno solo una funzione che permette alla scuola di creare un file con codici organizzati, ma non trasferisce nulla all’Invalsi. L’unico soggetto che trasferisce dati all’Invalsi è il dirigente scolastico, che è responsabile di tali dati”.
Rilevazioni che piacciono ai poteri forti, da Confindustria alle banche, mentre alle scuole non interessa nulla? “La cosa mi fa sorridere perché immaginare che facciamo l’interesse dei potei forti fa sorridere, ma rispondo con i dati. Il 29 di agosto l’Invalsi ha reso disponibile i dati delle rilevazioni del 2022. Dopo pochi giorni oltre l’80% delle scuole hanno scaricato questi dati. Non è vero dunque che la scuola non se ne fa nulla”.