Tutto risiede nel “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti”, dove dovrebbero essere elencati tutti i doveri degli studenti, anche se tale “elencazione non può costituire una mera affermazione di principi astratti. Essi, infatti, devono trovare materiale collocazione in un documento specifico, che ogni istituzione scolastica è tenuta ad adottare e a divulgare: il regolamento d’istituto.
In più il “Il D.P.R. n. 249/1998 (Statuto delle studentesse e degli studenti) fa obbligo alle istituzioni scolastiche di adottare il regolamento di disciplina degli studenti, al quale è affidato il compito di individuare
a) la tipologia e la descrizione dei comportamenti che possono dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari a carico degli studenti delle scuole secondarie superiori;
b) la tipologia delle sanzioni disciplinari;
c) gli organi scolastici competenti ad irrogare tali sanzioni e il relativo procedimento”.
Ciò che si che richiede alle scuole è uno sforzo di “tipizzazione di quei comportamenti generali cui ricollegare le sanzioni e non un rinvio generico allo Statuto delle studentesse e degli studenti , che di per sé non contiene fattispecie tipizzate se non nei casi gravissimi”.
Se dunque uno studente chiede alla sua prof perché mai la sua “sbarra non si abbassi visto che l’insegnante non ha il Telepass”, non occorre descrivere la scena, che rischia di diventare una scenetta da cabaret, ma dovrebbe adottare, da professionista serio, la “tipologia e la descrizione dei comportamenti che possono dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari a carico degli studenti”.
Non solo, ma i rapporti che cosi capziosamente vengono riportati, dimostrano pure lo smarrimento di tanti docenti nei confronti dei propri alunni, il disagio e l’ansia che li pervade, come queste due note, prese a caso, declamano: “In segno di protesta verso la sottoscritta la classe segue la lezione seduta sotto il banco”; e anche “La classe interrompe la lezione per tagliare i capelli a G.F.”
Trascrivendo spot simili, ciò che immaginiamo è l’ora persa di lezione, le risate dei ragazzi, l’impotenza del prof, insieme alla scarso valore educativo della nota, mentre ci rendiamo conto dello stress emotivo dell’estensore della nata disciplinare.
Ma in ogni caso: si può scrivere una nota di questo tenore o non si dovrebbe invece riportare nel rapporto disciplinare una delle tipologie descritte nello Statuto?
E allora tutto sembra ritornare all’origine: prove psicoattitudinali prima di essere assunti all’insegnamento? Mandare, incentivandoli, i prof più motivati e di più lungo corso in classi particolarmente difficili? Che fare insomma?
Una cosa è però certa: capita molto spesso che dei neolaureati senza conoscenza specifica né di diritto scolastico né di psicologia né di pedagogia né di adeguato tirocinio vengono spediti in classi che talvolta si trasformano per loro come delle vere è proprie gabbie piene di belva da domare; e molti non ce la fanno, a ragione.