L’associazione Young Care Italia ha reso noti i dati dell’Istat relativi ai giovani tra i 15 e i 24 anni che sin dall’adolescenza si prendono cura dei genitori con problemi fisici o psichiatrici, ma anche di altri familiari malati. Per l’Istat sono il 7% e di loro si è parlato nel convegno organizzato a Milano dall’associazione Young Care Italia.
Prendersi cura
L’immagine del caregiver – in italiano badante o accompagnatore – è spesso associata a quella di una donna adulta, più o meno giovane a seconda che sia madre di figli piccoli o già grandi e, talvolta, figlia lei stessa di genitori anziani. Nell’immaginario collettivo, quasi mai, si pensa che una anche una persona giovane, un adolescente, possa trovarsi nella necessità di prendersi cura di un padre o di una madre con malattie croniche, problemi fisici o di salute mentale, dipendenze da alcol o da droghe o collaborare all’assistenza di un familiare con diverse forme e livelli di disabilità. Sono invece molte le situazioni che vedono impegnati i giovani caregiver: i sibling per esempio sono coloro che si occupano di un fratello o di una sorella con disabilità, oppure sono ragazzi di seconda generazione, che fin da giovani si trovano a dover supportare le proprie famiglie, in difficoltà rispetto alla burocrazia, le visite mediche, la vita quotidiana in un paese straniero, universi inaccessibili se non si hanno le appropriate competenze.
Young Care Italia
Compie il primo anniversario l’associazione Young Care Italia, che proprio per questo ha scelto questi giorni per organizzare un incontro a Milano dal titolo “Giovani e ruolo di cura: tra scelta e necessità”. L’associazione è nata lo scorso anno a seguito di una ricerca partecipativa condotta dalla ricercatrice dell’Università del Sacro Cuore, Paola Limongelli, e ha come obiettivo di offrire supporto, informazione e tutela ai giovani caregiver, ma anche di portare il fenomeno all’attenzione dell’opinione pubblica.
L’esperto per esperienza – EPE
Young Care Italia nasce dall’unione tra esperti per esperienza co-ricercatori dello studio italiano “The Hidden Children” e professioniste della cura e del supporto a minori. L’esperto per esperienza (o EPE) è una persona che, attraverso esperienze maturate e vissute di avversità, malattia, disabilità, eventi o circostanze di vita, è in grado di utilizzare le conoscenze acquisite, non attraverso lo studio o l’educazione ma attraverso l’aver vissuto questa esperienza. L’EPE è stato in grado di trasformare un’esperienza dolorosa in una risorsa per il suo futuro.
Responsabilità eccessive
I dati e le percentuali confermate dall’’Istat non sono aggiornate, il fenomeno infatti si conosce poco anche a causa della reticenza di chi è coinvolto in prima persona. Il carico medio di cura stimato proprio dall’associazione è di 23 ore settimanali. La presidente di Young Care Italia, Samia Ibrahim ha detto che “I ragazzi che vivono questa condizione hanno responsabilità maggiori rispetto ai loro coetanei, e queste responsabilità a volte possono diventare eccessive”.
Proprio per questo, quando il carico diventa eccessivo si possono generare delle problematiche psicologiche, come l’ansia, la depressione o, più in generale, la difficoltà nel riconoscere i propri bisogni e le proprie emozioni e pertanto si verificano casi di abbandono scolastico, Inoltre, questi giovani puntano su carriere più semplici e meno soddisfacenti. Non è un caso, poi, che molti decidano di sublimare la propria esperienza scegliendo professioni orientate alla cura. Dal punto di vista sociale, proprio a causa dell’abbandono scolastico, si riducono le prospettive di realizzazione socio–economica, ovvero di poter trovare nel futuro un lavoro competitivo e che garantisca un buon tenore di vita.