Il direttore della Tecnica della Scuola Alessandro Giuliani, ospite di Byoblu, ha fatto il punto sulla strettissima attualità a proposito di scuola.
Giuliani ha innanzitutto riflettuto a proposito del Rapporto Ocse sugli stipendi dei docent e sul divario con gli stipendi degli insegnanti degli altri paesi europei, facendo un confronto anche con altri laureati della pubblica amministrazione e del privato: “Si tratta di un divario che ci trasciniamo da tempo e che cresce con gli anni di servizio. In Italia la caratteristica del nostro contratto è che non vi è una progressione stipendiale ottimale. Da noi a fine servizio si arriva al 50% dello stipendio iniziale, in altri paesi si arriva al 100% già dopo 20 anni di servizio. Fa anche scalpore la differenza con altri laureati. Un impiegato della pubblica amministrazione guadagna circa il 20% in più di un insegnante”.
I tempi sono maturi per una carriera per i docenti? Secondo Giuliani sì: “In questi giorni è al vaglio la parte normativa del contratto all’Aran. Si discuterà anche a proposito del middle management, che al momento non esiste in Italia. Potrebbe essere l’occasione buona ma servono risorse. Risorse utili per il contratto 2022/2024 non sono state stanziate. L’ultimo aumento relativo al rinnovo del contratto del 2019/2021 è veramente poco se pensiamo al caro energia, alla stretta fiscale, all’inflazione. Il 4,2% di aumento assicurato ai docenti viene più che annullato e vanificato da tutto ciò”.
Chi vuole fare il docente?
Si è anche parlato dell’attrattività della professione docente: “Il disamore per la professione docente è evidente soprattutto al Nord. Un laureato, soprattutto nelle materie Stem, non gradisce guadagnare poco da docente, 1400 euro circa per otto anni, dopo aver acquisito competenze specifiche. Ricordiamo che per otto anni non ci sono scatti di carriera. Fino al 2013 esisteva il cosiddetto gradone al terzo anno. Ci sono cattedre che rimangono deserte e assegnate a docenti del Sud perché i laureati nelle discipline cosiddette ‘pesanti’ sono richiestissimi dalle aziende. Questo si lega ad un altro problema, le tantissime richieste di ritornare o avvicinarsi al Sud, al proprio domicilio. Questo comporta un altissima percentuale di trasferimenti che ha conseguenze sul piano della continuità didattica”, ha commentato Giuliani, sottolineando quanto conti molto, in questo caso, il fattore retributivo.
Ma cosa hanno di diverso dall’Italia i paesi europei dove i docenti sono pagati di più? “Hanno un impegno rispetto al Pil maggiore. Noi siamo poco più al 3% del Pil dedicato all’istruzione, la media europea è sopra il quattro. Il problema è l’impegno ridotto dei Governi sulla scuola. Poi servirebbe un contratto a parte per il personale della scuola e un nuovo contratto che preveda passaggi di carriera. Al momento lo stipendio dei docenti è poco motivante”, ha aggiunto.
“I dirigenti lamentano un appiattimento degli stipendi della scuola che comporta anche un appiattimento delle prestazioni, una mancanza di entusiasmo, di stimolo nello svolgere bene la professione, che non si vede più come una missione, con ricadute negative nell’offerta formativa”.
Tornano le gabbie salariali?
Quest’ultimo non ha potuto non commentare il tema della settimana, ossia gli stipendi differenziati in base alla regione per i docenti: “Il tema delle gabbie salariali torna ciclicamente, non solo per quanto riguarda la scuola. Il tema andrebbe affrontato ma le modalità con cui è stato presentato garantirà una grande opposizione a Valditara. Quest’ultimo, mesi fa, aveva parlato di merito in altri termini. Si pensava a una maggiorazione dello stipendio ma ora si parla di basarlo sul caro vita della propria regione. Non si può creare una differenziazione stipendiale solo per la scuola; la questione va affrontata a livello interministeriale. Il ministro avrebbe fatto meglio a parlare di indennità per chi fa certi sacrifici, come i docenti in trasferta”.
Valditara sta davvero valorizzando il merito dei docenti? Ecco cosa ne pensa Giuliani: “A giugno è stato approvato il Decreto 36 che introduce la figura del docente esperto, con un aumento previsto tra dieci anni, a cui ancora però il nuovo ministro non ha dato seguito. In realtà il merito dei docenti non è tanto considerato, basta pensare ai tantissimi docenti sui cinquant’anni che tra dieci anni circa andranno in pensione e saranno tagliati fuori. Servirebbe una sorta di carriera intermedia”.
Quale comparto è più in difficoltà? “Credo che tutti necessitano di una revisione in quanto vittime dell’ultimo dimensionamento durante il Governo Berlusconi. C’è stata una riduzione del tempo scuola, delle compresenze. Credo sia la scuola media il settore dove si dovrebbe mettere mano. Si tratta di una scuola che ha molte problematiche in uscita. La maggior parte dei ragazzi che lascia la scuola lo fa all’inizio del primo anno delle superiori, complice spesso un cattivo orientamento, spesso si va al liceo senza capacità e attitudine. Lasciare la scuola significa quasi sicuramente diventare dei Neet, un problema importante. Valditara e Bianchi hanno individuato nella formazione professionale una possibile soluzione. Occorre un orientamento migliore, magari con il docente tutor che forse arriverà già a settembre”, ha concluso Alessandro Giuliani.