È già tempo di conto alla rovescia per il rinnovo del contratto della scuola. Almeno a sentire il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, intervistato l’8 maggio da Radio Vaticana. “Abbiamo aperto un dibattito, in questi giorni, al ministero, e sarà un’operazione molto rapida sulla scuola”, ha detto il responsabile del Miur. Per poi aggiungere che non si tratta di una proposta solo a parole: vorremmo, ha detto ancora Giannini, “arrivare a proporre nel prossimo mese, anche arrivando a condividere la proposta in Consiglio dei ministri, una rivisitazione del contratto degli insegnanti, che introduca queste parole d’ordine e le misure che a esse devono corrispondere: valutazione, merito e premialità”.
I sindacati hanno mostrato un certo interesse per questo genere di rinnovo, che significherebbe l’addio agli aumenti a ‘pioggia’. Ma non tutti, ad iniziare dalla Flc-Cgil, che vorrebbe un minimo di incremento stipendiale generalizzato. Dello stesso avviso si dice l’Anief, che replica con immediatezza alle parole del Ministro. Secondo il sindacato siciliano sarebbe un’operazione incauta rinnovare il contratto “se prima non si adegua lo stipendio del personale scolastico all’inflazione e alla media dei Paesi Ocse. Inoltre, il Ministro dovrebbe sapere che tra meno di un anno è previsto il rinnovo delle Rsu della Scuola e rinnovare il contratto a pochi mesi da questo evento sarebbe davvero ingiusto”.
“Non sarebbe corretto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – nei confronti di un milione di lavoratori per i quali le norme comunitarie prevedono il diritto alla consultazione e all’informazione anche su questi temi così rilevanti per i lavoratori e la loro vita, ma in Italia non si applica perché è sostituito dai rappresentanti di quei sindacati rappresentativi che sono stati complici della politica di sgonfiamento degli stipendi del personale scolastico”.
Per Pacifico, quindi, non si può parlare di merito se non si cambia la norma, il decreto Brunetta 150/09, che blocca gli aumenti al comparto tramite le Leggi Finanziarie e permette di finanziare gli incrementi solo attraverso i risparmi di comparto. È intollerabile che un’insegnante debba arrivare alle soglie della pensione con uno stipendio inferiore rispetto ad un collega dell’area Ocde addirittura di 600 euro. Dovremmo prendere l’esempio dall’estero, come a New York, dove proprio in questi giorni l’amministrazione ha dato il via libera ad aumenti in favore dei docenti pari al 18% in nove anni e al finanziamento di 3,4 miliardi di arretrati. E ciò malgrado – conclude il sindacalista – siano previsti per quest’anno ben due miliardi di dollari di ‘buco’. Altro che ‘pizze’ da 80 euro”.