Proprio in queste ore sta facendo molto discutere, ma anche riflettere, il discorso della presidente del consiglio degli studenti e delle studentesse Emma Ruzzon per l’inaugurazione dell’università di Padova.
Nel suo lungo discorso Emma lancia un grido di allarme e una richiesta di aiuto agli adulti: “Stanchi di piangere i suicidi dei nostri coetanei. A noi studenti viene richiesto di eccellere nella precarietà e con aspettative asfissianti. Non si tiene conto dei tempi di ognuno di noi né degli ostacoli economici e sociali”.
I commenti degli utenti
Dopo la pubblicazione del video sui social, tantissimi sono stati i commenti sia a favore che contro. Una docente ha scritto: “Questo discorso dovrebbero stamparselo per primi i miei colleghi docenti. Che rifiutano di accettare le unicità e le complessità di ogni studente, in quanto non corrispondenti alle aspettative dell’insegnante. Io come educatrice mi vergogno”.
Non è d’accordo un’altra utente, invece, che scrive: “Passerò per insensibile, o forse è semplicemente un tema di maturità psicologica che si raggiunge in momenti diversi a seconda delle generazioni. Non mi sembra un discorso all’altezza della maturità che dovrebbe essersi raggiunta all’università. Sembra un’implorazione, sempre a qualcun altro, basta che non siamo noi stessi a dover far la fatica. Va bene al liceo, dove si è piccoli, dove non si è adulti. Questo grido un po’ teatrale, ‘aiutateci, voi che siete i grandi a cambiare il sistema”, occupa indebitamente il posto che invece dovrebbe avere quella consapevolezza necessaria, che i grandi “siete gia voi”. Dovete aiutarvi voi. È sempre stato cosi anche nelle generazioni prima della vostra. E mi viene da chiedere, da quando studiare è diventata l’unica attività che un adulto pensa sia tenuto a svolgere durante l’università. Personalmente ho sempre anche lavorato, e questo probabilmente stancava ma non permetteva alla pressione psicologica di crescere, o di formarsi. Capisco il sentimento e ogni perdita è una tragedia, ma posto così il problema non si risolve perché chi lo deve risolvere sente, e dichiara, che non è suo. È il sistema, è la gara…”