Se tanti studenti non amano la matematica, sono le scuole e i docenti i veri responsabili dell’idiosincrasia generalizzata tra gli allievi: l’accusa a scuole e prof è arrivata durante il convegno “L’insegnamento della matematica: criticità, nuove sfide, idee”, svolto giovedì 23 marzo all’Accademia dei Lincei a Roma, alla presenza del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, del premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi e del presidente dell’Unione matematica italiana Piermarco Cannarsa.
Cercando di risalire ai motivi dell’avversione che tanti studenti sviluppano per la matematica durante il percorso scolastico, anche dopo l’abbandono degli studi, alcuni relatori hanno puntato il dito sulle modalità di insegnamento della disciplina: in particolare, sulla decisione di far prevalere regole, a discapito dei ragionamenti e dei concetti. Sarebbe questa “fissazione” per le procedure, quindi, alla base dell’odio che tanti studenti provano verso la materia, che per tanti diventa una la “bestia nera” delle discipline.
Decisamente severo è stato il giudizio di Rosetta Zan, dell’Associazione italiana di ricerca in didattica della matematica, verso chi definisce la matematica una materia oscura, astratta e inutile al di fuori della scuola, oltre che piena di regole da imparare a memoria.
È un modo di interpretare la matematica “in maniera procedurale e non concettuale: c’è una rinuncia a ragionare e l’utilità della matematica viene identificata solo con l’immediata spendibilità delle conoscenze apprese“, ha sottolineato Zan.
Spesso anche “la valutazione della matematica avviene in modo riduttivo e va a condizionare l’attività didattica, semplificando troppo la complessità che richiede questa materia”, ha concluso l’esperta.
Anche il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, si è detto contrario a certi modi di insegnare: “La matematica – ha dichiarato il titolare del dicastero bianco – non è imparare a memoria delle formule, ma capire come applicarle. L’approccio didattico che sembra funzionare meglio è quello del problem solving. Si usa così la matematica per risolvere un problema reale. L’astrazione nasce più facilmente se lo studente parte da problemi concreti. Solo così si vince la sfida e si riescono ad appassionare i giovani”.
“Questo modo di pensare – ha continuato il ministro – deve accompagnare lo studente nella vita di tutti i giorni. La matematica è uno strumento utile per capire meglio la realtà. Occorre individuare il percorso formativo da seguire. I Lincei possono svolgere un ruolo fondamentale nella formazione se riusciamo a mettere a sistema questa collaborazione. Credo che sia anche importante monitorare i risultati: qualsiasi percorso innovativo deve essere poi sostanziato da una analisi dei risultati concreti”, ha concluso Valditara.
“A volte – ha detto Samuele Antonini dell’Università di Firenze – l’insegnamento della matematica si riduce a una pratica di esercizi ripetitivi, che porta solo ad una conoscenza procedurale”. “Oppur – ha continuato Antonini – si punta ad esporre semplicemente le nozioni nell’illusione che lo studente le apprenda: un approccio che fa perdere il processo di costruzione di significato da parte dello studente”.
Parlando dell’importanza della cultura tra i cittadini, l’accademico dell’Università di Firenze ha spiegato che “investire nell’insegnamento ha un costo molto alto in termini economici e di responsabilità, ma porta ad un guadagno enorme. Evitare questo costo oggi porterebbe poi ad una perdita ancora più alta domani”, ha concluso Samuele Antonini.