Uno degli obiettivi dei progetti del Pnrr collegato alla scuola è quello di ridurre il numero di studenti che abbandonano gli studi troppo presto e che non arriveranno mai al diploma per diventare in alto numero pure dei Neet: per arrivare a questo, gli esperti ci dicono che occorre aumentare l’offerta formativa e permettere di vivere le scuole anche oltre l’orario delle lezioni. A sostenerlo, in più occasioni, è stato anche l’attuale ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che non a caso ha inserito questo obiettivo nelle linee guida della sua gestione presentate alcune settimane fa.
Servono figure aggiuntive
Certo, l’impresa non è da poco: occorrono figure professionali aggiuntive a quelle già in dotazione delle scuole, perché non possono di certo bastare gli attuali docenti e Ata che già oggi spesso a stento riescono a portare avanti l’attività didattica ordinaria.
E, comunque, trattandosi di attività extra, non obbligatorie, è molto probabile che in pochi accetterebbero di rimanere a scuola anche il pomeriggio. Servirebbero, quindi, formatori, educatori o esperti vari esterni alla scuola.
Le due scuole di Bologna dove già si fa
In alcuni casi, comunque, l’allungamento del tempo di apertura delle scuole al territorio è già stato praticato ed ora, grazie ai finanziamenti Ue, potrebbe “decollare”. Due realtà di questo genere si trovano a Bologna: sono l’istituto comprensivo 12 Farini (nel quartiere Savena) e l’istituto superiore statale Belluzzi-Fioravanti (nel quartiere Borgo Panigale-Reno).
Sulla scia del programma estivo ‘Scuole aperte’, realizzato in passato, grazie a un impegno del Comune di Bologna e a circa 100 mila euro di fondi europei da qualche settimana i cancelli dei due istituti saranno aperti dal lunedì al venerdì fino alle ore 17 per una sessantina di allievi dagli 11 ai 16 anni.
Il nuovo progetto si chiama “Scuole aperte tutto l’anno” e mette a disposizioni i locali dei due istituti non solo per studiare, ma anche fare sport, musica, imparare a disegnare fumetti, usare la stampante 3D. Oppure utilizzare i laboratori per creare podcast o video.
Le attività, proposte anche dai ragazzi stessi, sono coordinate alcuni docenti e degli educatori di Dry-Art Ets (Farini) e del consorzio Scu.Ter-Scuola Territorio (Belluzzi-Fioravanti).
Tutti d’accordo
Dopo la pandemia, dice all’Ansa il sindaco di Bologna, Matteo Lepore. “si è evidenziato un problema di isolamento degli adolescenti piuttosto serio”.
La lotta alle baby gang e ai comportamenti devianti è diventata una priorità e “la scuola pensata dai ragazzi è la risposta”, aggiunge Lepore che punta a raggiungere “tutta la popolazione scolastica di Bologna”.
Filomena Massaro, dirigente scolastica dell’istituto Farini, spiega, sempre all’agenzia di stampa, che con questo progetto la scuola vuole “rispondere alle esigenze dei ragazzi e delle ragazze che hanno vissuto tre anni di pandemia, ma già prima si sentivano in difficoltà. Il Covid li ha isolati ancora di più, facendoli rifugiare nei social”, sottolinea la dirigente scolastica che punta a “farli riappropriare della loro socialità e far conoscere loro meglio la città e le opportunità che offre”, con visite a luoghi d’arte, parchi e monumenti.
Le attività a scuola si svolgeranno nel primo pomeriggio, quando “spesso i genitori non sanno bene cosa facciano i figli – fa notare Daniele Ara, assessore alla Scuola del Comune di Bologna – è importante che le nostre scuole utilizzino questi spazi per offrire delle progettualità”.
“Le risorse necessarie – assicura Ara – si possono reperire” e le attività possono essere organizzate con l’aiuto delle associazioni e degli stessi istituti.
Le attività non sono necessariamente legate alle centinaia di migliaia di euro che ogni scuola ha ricevuto con i progetti europei di ripresa e resilienza.
Secondo Vincenzo Magnanaro, dirigente dell’IIS Belluzzi-Fioravanti, gli istituti devono abituarsi a rimanere aperti anche quando non vi saranno più finanziamenti pubblici: “se aspettiamo i fondi dall’alto non facciamo mai nulla, ci sono somme che si possono trovare anche nei bilanci della scuola oppure grazie a piccoli contributi da parte delle famiglie”, conclude il preside.