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Gratteri: gli studenti sono più figli di internet che dei loro genitori, alle scuole servono docenti pure di pomeriggio e non i faccendieri

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“Abbiamo bisogno di una scuola migliore, di insegnanti che nel pomeriggio tengano impegnati i ragazzi che, laddove non respirano cultura mafiosa, sono figli di internet più che dei loro genitori”: sono parole forti quelle pronunciate dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri intervenendo martedì 18 aprile, al Teatro Politeama di Catanzaro.

“Bisogna prestare attenzione a chi fare entrare nelle scuole, ho visto persino dei faccendieri parlare di lotta alla mafia”, ha detto il magistrato dopo la messa in scena di “Se dicessimo la verità-Ultimo capitolo“, lo spettacolo di Emanuela Giordano e Giulia Minoli.

I ragazzi studino: tutti possono diventare delle eccellenze

In platea, centinaia di studenti di diversi istituti superiori del territorio, coinvolti dall’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria.

Sul palco hanno preso vita le storie dei figli delle vittime di mafia, del giornalismo impegnato, di imprenditori testimoni di giustizia, per un’opera-dibattito sulla legalità che “è, al tempo stesso, una provocazione per farci riflettere, capire e reagire”.

“Per abbattere le mafie – ha spiegato il procuratore Gratteri – occorrono politici e legislatori con coraggio, libertà, forza e competenza. Ma quello che i ragazzi devono fare è studiare di più, e da subito, perché anche i figli di nessuno possono diventare delle eccellenze”.

Nel 2021 disse: si guarda al cafone, no al prof sfigato

La scuola è tra i temi preferiti dal magistrato. Due anni fa, durante ad un evento a Vibo Valentia, Gratteri dichiarò: “negli ultimi 40 anni i governi non hanno voluto investire nel campo dell’istruzione perché un popolo ignorante, che ride di fronte alle barzellette, è più malleabile rispetto ad uno istruito”.

Nel frattempo, ha continuato il procuratore, “gli insegnanti sono divenuti sempre più poveri e il fattore economico è importante in una società consumistica e a volte un ragazzo è portato a guardare più al cafone con i soldi che all’insegnante sfigato”.