Il “più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni”: così la premier Meloni dopo avere approvato il decreto del cosiddetto 1° Maggio. “L’esonero parziale dai contributi previdenziali (che peraltro non sono tasse) a carico dei lavoratori dipendenti vale infatti circa 4 miliardi”, specifica il Fatto Quotidiano, a cui, anche se si aggiungono 5 miliardi complessivi della legge di Bilancio per il 2023 del governo Draghi, per un totale complessivo di 9 miliardi, sono sempre meno dei 10 miliardi stanziati da Renzi nel 2014 per il bonus da 80 euro.
Infatti ha commentato Matteo Renzi :“Meloni non ha litigato solo con la politica: ha litigato prima di tutto con la matematica“, oltre a notare che i miliardi in realtà “sono tre”.
Ma non solo. All’epoca l’opposizione di destra parò di elemosina che Renzi faceva ai lavoratori e che gli 80 euro sarebbero durati solo una stagione.
Poi Meloni – scrive ancora Il Fatto- fa credere che “l’aumento nella busta paga dei dipendenti viene stimato, nel periodo luglio-dicembre, fino a 100 euro mensili di media“.
“In realtà l’aumento nuovo sarà al massimo di una sessantina di euro, come ha sottolineato il segretario della Cgil Maurizio Landini: l’altra parte deriva dallo sgravio già in vigore. Non solo: per arrivare a 60 euro (massimi) il governo ha dovuto rimangiarsi la promessa di far partire il taglio maggiorato da maggio e concentrandolo su un numero di mesi inferiore. In caso contrario l’aumento medio sarebbe stato di soli 16 euro”