“Forse sono lesbica, forse no. Ma chiedermi di smentire voci sul mio orientamento sessuale, e far dipendere dalla risposta il rinnovo del contratto, è stato inaccettabile”. A dichiararlo, in un’intervista a Repubblica, è l’insegnate a cui l’istituto cattolico parificato Sacro Cuore di Trento non ha rinnovato il contratto ”perché lesbica”.
La docente racconta che la direttrice dell’istituto ha voluto incontrarla ”nell’aula docenti, dove non c’erano testimoni. Pensavo volesse parlarmi delle ore da fare il prossimo anno, sono al quinto contratto a tempo determinato e a buon punto per l’abilitazione. Invece se n’è uscita con quella domanda. Aveva sentito delle voci secondo le quali io avrei una compagna e, testuale, ‘siccome devo tutelare questo istituto cattolico e c’è da rinnovare il suo contratto’, mi ha chiesto di smentire o confermare quelle voci” racconta la donna.
”Poiché non avevo intenzione di svelare niente, suor Eugenia ha osservato che ‘stavo dimostrando la fondatezza delle voci’. Sembrava mi volesse umiliare. Stavo per andarmene e a quel punto – prosegue la professoressa – lei prova a rimediare, facendomi capire che era disposta a chiudere un occhio se avessi dimostrato di voler ‘risolvere il problema’. Ammesso che sia gay, dovrei guarire da qualcosa?”.
Per l’insegnante precaria trentina non vi sono dubbi: la domanda fattale “dalla madre superiora è offensiva, perché ha leso i miei diritti di cittadina e di insegnante”.
E poi aggiunge: ”in Italia la professionalità, la bravura, non conta niente. Quel che mi è successo è roba da Medioevo”, dice la donna. Che ora chiede al ministero dell’Istruzione, in linea con quanto detto poche ore prima dalla Flc-Cgil, ”un reale controllo sui finanziamenti erogati alle scuole paritarie. Ce ne sono alcune che non li meritano”.