Ancora una volta ci sono polemiche relative alla canzone “Bella Ciao” e ancora una volta riguardano una scuola. Stavolta, come riporta La Stampa, ci troviamo alla scuola secondaria Adele Delponte di Milano, intitolata in onore di una maestra partigiana.
Pare che i ragazzi di una classe di prima media abbiano fatto una ricerca per conoscere la sua storia e, a conclusione del percorso didattico, il comitato organizzatore della festa di fine anno abbia deciso di far cantare ai ragazzini la canzone incriminata.
Si tratta di una canzone politica?
Alcuni esponenti della Lega, però, si sono risentiti e opposti, esprimendo le loro perplessità in un comunicato chiedendo “un pronto intervento del Comune di Milano per fermare questa propaganda” perché “l’indottrinamento dei più piccoli, in aula, non è mai la scelta migliore: su certi temi le singole famiglie non possono essere scavalcate. Ingerenze politiche negli istituti non sono ammissibili”.
A firmare la nota Silvia Sardone, europarlamentare e commissario cittadino del Carroccio, e Vanessa Ragazzoni, consigliere municipale leghista in Zona 2, che aggiungono: “La sinistra non venga a farci la solita lezioncina di moralità ed etica secondo cui ‘Bella Ciao’ è una canzone di libertà, quando in realtà è diventato l’inno della sinistra per eccellenza che troppo spesso viene riproposto nelle scuole. Esistono sedi istituzionali preposte per fare politica, in classe si studia e impara, e non ci risulta che ‘Bella ciao’ rientri nei programmi scolastici”.
Immediata la risposta della dirigente scolastica Antonella Caleffi: “Non ci vuole essere nulla di fazioso o di parte, non c’è un substrato politico: il brano viene fatto cantare perché legato alla mostra in corso sulla figura della partigiana Delponte a cui è stato da poco intitolato l’istituto comprensivo. Impedire agli alunni di cantarla sarebbe fare politica. Da noi esiste un’ampia libertà di opinione senza idee di parte. Non vedo come questa iniziativa didattica possa danneggiare qualcuno”.
“Bella ciao” a scuola, sì o no?
Periodicamente hanno luogo episodi del genere, che vedono sempre due fazioni scontrarsi: da una parte coloro che sostengono che la canzone sia divisiva, e coloro che invece credono che non abbia chissà quale valore politico intrinseco. La stessa cosa era avvenuta qualche settimana fa, quando in una scuola di Parma, la primaria Cocconi, è stato scelto di farla cantare ai bambini il brano in una recita di fine anno, prevista per il 24 maggio.
Un esponente di Fratelli d’Italia, il consigliere comunale Priamo Bocchi, si era detto contrario: per opporsi ha annunciato un’interrogazione nell’assemblea consiliare. “Il canto popolare, adottato come inno partigiano è rappresentativo di una fazione di quella guerra civile che nel 1943-45 (e anche oltre) ha conosciuto eccidi, fosse comuni, regolamenti di conti, sevizie, barbarie. Trovo triste che, invece di provare a costruire una memoria storica finalmente riappacificata, una scuola elementare persista a indottrinare le menti e le coscienze di ignari bambini attraverso quel catechismo della Resistenza che pretende di dividere i loro trisnonni in buoni e cattivi. A quei bambini non verrà spiegato che molteplici frange di coloro che cantavano l’inno partigiano Bella ciao e che imbracciavano il mitra contro i loro connazionali auspicavano non la libertà ma la sottomissione dell’Italia all’Urss attraverso l’instaurazione di un regime comunista”, ha spiegato.