Sarebbe molto importante che la scuola, tutte le scuole, si costituissero come luoghi di Memoria. Luoghi in cui – attraverso il ricordo e la consapevolezza di ciò che è stato – si coltiva la “possibile utopia” del cambiamento.
Scriveva Maria Montessori: “noi dobbiamo ai bambini una riparazione più che una lezione”. Ecco, forse noi insegnanti siamo chiamati a “riparare”. Tra i vari compiti, abbiamo quello di ricucire le ferite – e talvolta sembrano davvero grandi – di un tessuto sociale che pare aver chiuso la memoria in soffitta. In una soffitta che si sta facendo sempre più buia.
Non dovremmo quindi aver paura di dedicare parecchio tempo scolastico alla coltivazione del dialogo, dello scambio d’opinioni, all’ascolto reciproco; non sarebbe, come potrebbero pensare alcuni sostenitori della “produttività a tutti i costi”, del tempo perso, ma del tempo coltivato. E finché si coltiva non si perde mai!
La democrazia vissuta e partecipata dovrebbe iniziare proprio dalla scuola, che ne è al contempo espressione e sperimentazione costante: però non la si può semplicemente insegnare. La democrazia si deve sperimentare, provare, “pasticciare” fin dalla tenera età; è necessario viverla e conoscerla, proprio a partire dalla vita scolastica. Si potrà arrivare così, in futuro, a comprenderla e ad apprezzarne a pieno l’immenso e inalienabile valore.
E sappiamo molto bene che non c’è Democrazia senza Memoria.
Luca Ferrari