In Italia le donne continuano ad essere penalizzate: a scuola e al lavoro, sebbene anche gli ultimi dati Osce, del 2022, abbiano ribadito che le ragazze raggiungono sia livelli di istruzione e competenze più elevati, sia voti migliori rispetto ai ragazzi. Malgrado ciò, se si guarda ai numeri del 2022 sul gender gap in Italia, elaborati dalla Banca d’Italia sul tema nell’ambito del progetto “Le donne, il lavoro e la crescita economica” avviato nel 2020, si scopre che in alta percentuale per le donne italiane l’occupazione professionale rimane una chimera.
Il tema analizzato riguarda i differenziali di genere e le loro determinanti tra le quali figurano: la scelta dei percorsi scolastici e le difficoltà legate alla transizione scuola-lavoro, la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare e la progressione di carriera più lenta rispetto agli uomini.
Ebbene, dalle statistiche prodotte risulta che l‘Italia è ultima in Europa per occupazione femminile, penultima per divario di genere occupazionale.
L’occupazione femminile al 51,1%, spesso attinente a lavori essenziali, è inferiore di oltre 18 punti percentuali rispetto alla quota di uomini al lavoro nella fascia d’età tra i 15 e i 64 anni, registrando così il secondo divario di genere più ampio in ambito lavorativo tra i paesi dell’Unione Europea dopo la Grecia, dove si registrano oltre 19 punti percentuali di divario tra occupazione maschile e femminile.
Non va meglio sul fronte scolastico: le ragazze italiane continuano a non amare le materie scientifiche.
Dallo stesso rapporto di Bankitalia, risulta che appena il 17,6% delle donne sceglie di laurearsi in materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) contro il 33,7% degli uomini, evidenziando una differenza di genere pari a 16 punti percentuali.
La minore propensione del sesso femminile verso le scienze a scuola preclude poi che le stesse donne lavorino in questi settori, gli stessi dove si registrano le aspettative di reddito più alte.
Ciononostante i percorsi di studio scelti dalle ragazze danno accesso a impieghi con rendimenti potenziali più bassi, questo è vero- spiega il report – sia per la scelta delle scuole secondarie superiori che per le scelte universitarie.
Ma perché accade questo? Il motivo delle diverse scelte di istruzione tra ragazzi e ragazze, e quindi nei salari più bassi di queste ultime, risiederebbe nella minore propensione delle ragazze nelle materie scientifiche.
Le differenze nelle preferenze individuali non sarebbero però innate, ma indotte: sarebbero fortemente influenzate da fattori di contesto familiare, scolastico e sociale.