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Studenti in cattedra, a Brescia un progetto didattico per imparare meglio e più in fretta [INTERVISTA]

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Si chiama “Studenti in cattedra” un interessante progetto realizzato quest’anno in una classe di una secondaria di secondo grado dell’Istituto paritario “Isaac Newton” di Brescia.
Il progetto è stato elaborato e proposto ai docenti della scuola da Maurizio Parodi, già dirigente scolastico, ricercatore e formatore, molto noto anche per la sua intensa attività pubblicistica (il suo ultimo saggio si intitola “La scuola è sfinita: ricostituenti pedagogici”) per la campagna “Basta compiti!” che conduce da molti anni.
E del progetto parliamo appunto con il suo ideatore.

Professor Parodi, ci spiega intanto di cosa si tratta?
Per capire il senso del metodo (e del nome), occorre riprendere, in estrema sintesi, alcuni passaggi.
Innanzitutto i docenti selezionano i contenuti essenziali del programma, li articolano in unità di lavoro, specificando gli obiettivi in termini di “sapere” e “saper fare”; ogni unità prevede due sessioni, di un’ora ciascuna.
Nella prima sessione, il docente predispone il materiale (il più stimolante, suggestivo possibile) che gli studenti analizzano, prima individualmente, per segnalare dubbi o incomprensioni, poi in coppia, per evidenziare i punti essenziali.

Ma gli studenti fanno loro stessi una lezione?
Ad un certo punto, dopo aver prodotto una sintesi condivisa, si assegna a una coppia di studenti il compito di presentarla nella seconda sessione, utilizzando mediatori, supporti, linguaggi scelti autonomamente, con gli approfondimenti e i collegamenti ritenuti opportuni, e comunque nel rispetto dei tempi stabiliti.
In questo senso, le studentesse e gli studenti salgono in cattedra, per confrontarsi con i compagni e, ovviamente con il docente.

Qual è l’obiettivo della proposta?
Il metodo è pensato per consentire a studentesse e studenti di imparare a imparare insieme, a scuola, valorizzando, arricchendo e

potenziando le strategie cognitive di ciascuno, responsabilizzando il singolo e il gruppo classe rispetto al conseguimento degli apprendimenti

Quest’anno, a Brescia, cosa avete fatto?
Al Newton abbiamo condotto una pre-sperimentazione che si è appena conclusa; è stata impegnata una classe terza del Liceo di Scienze Umane a indirizzo Economico Sociale, coinvolgendo 23 studenti e 5 insegnanti. L’esito è assai confortante e promettente come risulta sia dalla documentazione che abbiamo raccolto nel corso dell’attività e al termine di essa.

I docenti che hanno partecipato al progetto cosa dicono?
Potrei riportare molte loro considerazioni riprese dal diario di bordo e dai questionari finali.
C’è chi osserva il metodo ha portato a un maggiore coinvolgimento degli studenti solitamente meno attenti, accrescendo l’interesse anche di coloro i quali già partecipavano.
Altri sottolineano che la motivazione, in generale, è notevole tanto da non dover esercitare alcun tipo di pressione per ottenere l’impegno allo svolgimento delle diverse attività.
Un po’ tutti affermano che il metodo consente agli studenti di essere i veri protagonisti del loro apprendimento.

E gli studenti?
Alcuni/e segnalano un miglioramento dell’attenzione e della concentrazione nello svolgimento dell’attività individuale.
In generale, confermano il maggiore coinvolgimento personale (l’interesse, la curiosità, la motivazione, la leggerezza), e la partecipazione della classe che lavora insieme, senza escludere nessuno.
Molti sostengono che si impara più in fretta e meglio. Le procedure adottate favoriscono, secondo studenti e studentesse, lo scambio tra i pari e intensificano la collaborazione nel lavoro in coppia così come nella condivisione delle perplessità, delle interpretazioni, delle proposte e, soprattutto, nella elaborazione della sintesi conclusiva.

Ma in gioco sono non soltanto questioni di natura “cognitiva”…
Infatti, e questo mi sembra un aspetto da non trascurare.
Studenti e studentesse hanno apprezzato il miglioramento della propria condizione, in termini di benessere, nel rapporto con i compagni, con i docenti, ma anche con se stessi e con le attività scolastiche, nel senso di una maggiore tranquillità e (addirittura) piacevolezza, conseguente alla riduzione dell’ansia, alla condivisione dell’impegno e all’ascolto da parte dei docenti.
Alcuni studenti hanno dichiarato anche di aver scoperto proprie risorse insospettabili; qualcuno è arrivato a dire: “Mi sono sentito intelligente perché ho scoperto di saper fare cose che non pensavo di saper fare”.

Come procederete?
La totalità degli intervistati, studenti e docenti, ha espresso il desiderio che questo metodo sia confermato ed esteso alle altre classi dell’Istituto. Sicuramente la sperimentazione proseguirà nella classe che ha già lavorato con questo metodo quest’anno ma i docenti delle altre classi avranno l’opportunità di adottare il metodo nei propri ambiti disciplinari, avvalendosi della mia supervisione.