L’immagine, per alcuni sistemi scolastici, è elemento identitario, d’appartenenza ad un’area del paese, ma soprattutto ad un determinato istituto, che si conferma sia come ambiente educativo sia come surrogato di qualcosa di proto-familiare legato alla provenienza ed alle diversità che lo caratterizzano.
L’iperinflazione che interessa il Regno Unito, che è dovuto intervenire col taglio delle spese e dei finanziamenti generali all’istruzione (sovvenzioni alle famiglie meno abbienti, ad esempio, per i materiali e i testi), interessa da vicino quei gruppi familiari alle prese con la crescita – in questo caso anche fisiologica – dei propri figli. Nuove uniformi, sempre più costose, sul mercato. Un po’ come quelle edizioni testuali che in Italia si rincorrono dotate di presunte novità impercettibili dai fruitori. La questione uniformi, per un paese che l’ha posta alla base della quieta educazione scolastica, rischia di essere messa in discussione per via dei costi esagerati delle ultime, vittime anche di una speculazione comune a tutti i beni di consumo per la scuola (libri di testo e cancelleria in particolare).
Tra obbligatorietà ed abbandono: la denuncia dei genitori alla BBC. Una questione di costi
I genitori stanno ancora pagando “somme allarmanti” per le uniformi scolastiche, nonostante le regole volte a ridurre i costi, ha avvertito un ente di beneficenza finito su tutti i quotidiani, divulgando i costi di riferimento affrontati per famiglia. La Children’s Society afferma che i genitori spendono in media 422 sterline all’anno per le uniformi secondarie e 287 per le stesse con riferimento alle sole scuole primarie, con articoli di marca che costano addirittura di più. Una mamma ha dichiarato alla stessa BBC che i genitori del gruppo WhatsApp della sua scuola stavano rinunciando alle vacanze a causa delle spese di libri, uniformi e cancelleria.
Il governo ha affermato che sta lavorando per garantire che “i costi delle uniformi siano ragionevoli”. Nel frattempo, la Schoolwear Association, che rappresenta i rivenditori, ha affermato che non tutti i capi dell’uniforme vengono sostituiti ogni anno e che i negozi offrono alle famiglie “un buon rapporto qualità-prezzo”.
I costi recenti per articolo in sterline britanniche – divulgati dalla stessa BBC – fanno riferimento a:
· Cappotti e borse con una media di £ 75 per bambino all’anno;
· Scarpe e stivali sportivi per ginnastica pari a una media di £ 63 per bambino all’anno;
· Scarpe da scuola a £ 62;
· Blazer – £ 46;
· Gonne e abiti – £ 46;
· Maglioni e cravatte per un importo di £ 40.
E in Italia? Discussa a fondo l’uniforme scolastica
Nel Belpaese la belligeranza politica ha alimentato la discussione pubblica circa un abbigliamento più consono in classe, in riferimento all’utilizzo delle uniformi. Non si è compreso però quali, in quali natura e chi avrebbe dovuto fornirle e a quale presso. Lega, FI e FdI da sempre reclamano il gusto ed il decoro in classe, nonostante più di uno studente su due si riveli contrario ad indossare divise scolastiche.
È stato il segretario della Lega Salvini a rilanciare l’utilizzo delle uniformi in classe, in modo tale da non favorire fenomeni di emarginazione economica tra studenti sulla base della qualità ed il costo dell’abbigliamento. Immediata la reazione dei presidi all’epoca (2019), i quali hanno reso nota l’autonomia decisionale delle scuole per uniformi, fornitura e relativi obblighi: sarà il relativo Consiglio d’Istituto a decidere. Le opinioni degli studenti, in larga parte, risultano contrarie: limitazioni alla libertà d’espressione e creatività, problemi d’identità e di stile. Nello stesso anno il quotidiano Skuola.net conduce un’intervista a 1000 studenti. Poco più del 52% ha dichiarato di essere contrario all’introduzione delle uniformi a scuola.