Sono gli ultimi giorni degli esami di maturità. Gli orali stanno per terminare per tutti. Per questi nostri ragazzi, quindi, termina una fase della loro vita, e si aprono tante strade.
Facciamo loro i nostri migliori auguri, sapendo che da questo momento saranno questi stessi ragazzi che dovranno un po’ sudarsi il loro futuro, nel senso della problematicità delle scelte, non tutte in discesa, e della capacità di cogliere al volo opportunità con la giusta determinazione.
Ma la pubblicistica, in questo momento, non sembra essere catturata dalla domanda di futuro che sta frullando in questi nostri ragazzi. Anche se è proprio il futuro il cuore dell’angoscia di questi nostri anni, su più fronti. Perché non si vive di solo presente, o di soli interessi individuali o di gruppo.
Le prime pagine, riferite al mondo giovanile, sono tutte assorbite anzitutto da ciò che è successo in Francia, con tanti minorenni che hanno scatenato proteste e rabbia, poi da alcune vicende di casa nostra non sempre esemplari, come la gestione di un voto di condotta, oppure con una docente che ha fatto la furbetta per anni, senza preoccuparsi del disagio provocato, oppure di un Tar che ha capovolto, nonostante le tante insufficienze, la decisione di un consiglio di classe.
Personalmente, mi ha colpito soprattutto il tragico destino che ha segnato Giada Martini, studentessa del Liceo Quadri, stroncata da un male che non perdona proprio mentre si apprestava la sua carriera liceale con la maturità.
Un destino tremendo e cattivo, potremmo aggiungere, mentre ai suoi coetanei lo stesso destino ha riservato il compito di segnare in positivo il loro sentiero di vita.
A tutti gli studenti, alla fine degli Esami di Stato, mi sono permesso quest’anno di augurare “buona avventura”, nel senso di un cammino di vita nel corso del quale i crocevia, le difficoltà, anche le gioie, si presenteranno sotto forme diverse. Per cui, ripensando ai miei anni, e ai diversi contesti che sono toccati ai miei compagni liceali, è giusto augurare a tutti ogni bene.
Perché è vero che, pur tra mille rigagnoli e contraddizioni, il destino dipende da noi, meglio, anche da noi.
E’ forse esagerato ripetere, con De Gregori, che “la storia siamo noi”: siamo anche noi.
Ripensando a fondo ai miei compagni di allora, mi viene spontaneo il richiamo al gran parlare odierno di merito, riguardo ai risultati scolastici ed universitari, mentre vedo un silenzio assordante sulle condizioni di partenza. Perché è facile parlare di pari opportunità, ma il difficile è capire se quelle opportunità ci sono state per ciascuno in forma equa, cioè davvero “alla pari”. Sapendo, poi, che invece così non è.
Ecco il valore della scuola, della formazione, della cultura in senso pieno.
Dunque è più facile parlare di buoni risultati, o performance, come si preferisce oggi, quando si parte in vantaggio, ma è complicato se invece così non avviene, per mille ragioni.
Perché questo è il compito della scuola, dal nido alla maturità, e poi dell’università: capovolgere, se il caso, anche il destino personale, per rendere concreta l’esperienza della giustizia sociale.
Non tutti i difensori della scuola iperselettiva del passato se ne rendono conto, del diverso contesto tra l’altro ieri e l’oggi. E’ oggi passata in secondo piano la protesta degli universitari per gli alti costi degli affitti. Ma il punto è più a monte, e vale per tutti: lo studio non può essere un privilegio. Ed il diritto allo studio non può essere legato al destino famigliare, e nemmeno solo dal mio impegno e dal mio “merito” scolastico.
Servono dunque investimenti mirati, per gli universitari, con borse di studio, residenze adeguate. Per tutte le scuole, servono strutture nuove, come vi sono già nel nord Europa, al di là dei finanziamenti PNRR, come scelta strategica di un Paese che non teme il suo futuro. Senza pensare che oggi basti la tecnologia per garantire una didattica coinvolgente.
Prima dunque di parlare di merito dobbiamo parlare di giustizia, di equità, di reali pari opportunità. Poi ognuno è chiamato a fare la sua parte, per una libertà che non può non diventare responsabilità.