In generale, l’immissione in ruolo non si rifiuta mai: allora c’è da chiedersi come mai in diverse province italiane la mini call veloce, ovvero la chiamata diretta per le immissioni in ruolo, conclusasi venerdì 9 agosto, ha riscosso poche adesioni. Tanti docenti precari inseriti nelle Gps Sostegno non se la sono sentita, evidentemente, di abbandonare l’ordinario, seppure svolto come supplenti, per cambiare regione e rischiare di tornare a casa o riavvicinarsi alla famiglia chissà tra quanti anni. Tra le regioni che hanno riscosso poco interesse figura l’Emilia Romagna: a Bologna, ad esempio, sono “avanzati” 85 posti; a Reggio Emilia 60 e Parma 50 cattedre, sempre di sostegno. Il record di posti avanzati si è registrato però a Modena, dove l’Ufficio scolastico conta ben 83 cattedre di sostegno nelle scuole primarie della provincia, inizialmente destinate alle immissioni in ruolo tramite “chiamata veloce”. Nei prossimi giorni tutti questi posti andranno ai precari, aggiungendosi quindi ai tanti già riservati ai supplenti di sostegno (spesso anche non specializzati) perché collocate direttamente dal Ministero in organico di fatto.
Per capire i motivi del disinteresse di fronte alla pur sempre ghiotta possibilità di centrare l’agognata immissione in ruolo, La Gazzetta di Modena ipotizza che vi siano gli affitti troppo cari a Modena e così in 80 – residenti in altre regioni – rifiutano il posto come docente di sostegno nella primaria.
Nell’articolo si legge che “la procedura nazionale – fatta per la prima volta per il sostegno – aveva l’obiettivo di coprire complessivamente 232 posti nel Modenese, di cui 20 per le scuole dell’infanzia, 121 per le primarie e 91 per le medie, mentre per le superiori non c’erano posti disponibili”.
Sempre il quotidiano ricorda che “dal punto di vista del contratto, i docenti che accettano il trasferimento entrano in ruolo prima con un tempo determinato, ma dopo aver superato un periodo di prova si passa all’indeterminato. Tutti coperti i 111 posti disponibili per le scuole dell’infanzia e le superiori di primo grado. Ottanta posti scoperti invece per le scuole elementari”.
E ancora, scrive il quotidiano modenese, “nelle chat dei forum del mondo della scuola, molti affermano di non aver accettato proprio per gli alti costi per trasferirsi a Modena e prendere una casa in affitto a fronte di uno stipendio netto che si aggira sui 1.350-1.380 euro per un insegnante della scuola primaria appena entrato in ruolo”. In effetti, buona parte dello stipendio del neo assunto verrebbe assorbito dalle spese per l’affitto dell’appartamento, delle bollette (luce, gas, internet, ecc.) e spese di condominio.
Nei mesi scorsi per rispondere al problema delle spese eccessive in alcune province e regioni d’Italia, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara aveva lanciato l’idea di introdurre delle indennità per docenti e Ata costretti a spostarsi in quei territori.
II titolare del dicastero bianco, in particolare, a fine gennaio aveva parlato di una possibile differenziazione degli stipendi dei docenti, da attuare con “nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”.
“Le Regioni – aveva sottolineato Valditara – chiedono invece una maggiore equità laddove il costo della vita sia più alto. La sfida è capire come fare per far sì che il lavoratore che ha un costo della vita più alto in un certo territorio abbia uno stipendio più alto. Chi vive e lavora in una regione d’Italia in cui più alto è il costo della vita potrebbe guadagnare di più”.
La proposta ha però riscosso diverse critiche, soprattutto negli ambienti sindacali, dove si vuole sentire parlare di stipendi differenti solo dopo l’allineamento dei compensi di insegnanti e personale Ata alla media dei Paesi moderni.
Giusto oggi, Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ha detto che “la politica dopo le promesse elettorali deve rispondere: sarebbe bene quindi che subito si recuperi il costo della vita ancora ben superiore al livello stipendiale di chi lavora nel comparto Istruzione. L’ideale è che subito dopo la pausa estiva, il Governo stanzi le risorse utili per garantire aumenti significativi nella Legge di Bilancio di fine anno” andando a recuperare “indennità di vacanza contrattuale e inflazione per poi puntare alla media degli stipendi europei senza più discriminare i precari”.
“Si parla tanto di salario minimo ma – conclude Pacifico – quello dei docenti e Ata italiani rimane tra i più bassi tra gli stati economicamente sviluppati e questo non è accettabile”.