Si critica, in particolare, il fatto che sarà il 34% dei docenti meno meritevoli a “finanziare”, indirettamente, gli scatti di competenza (60 € netti in busta paga ogni tre anni) del 66% dei più meritevoli, semplicemente non maturando più alcuno scatto di progressione economica.
Sull’idea si può consentire come dissentire, ma c’è un punto del documento (p. 58) che appare difficilmente difendibile sul piano argomentativo: “I docenti mediamente bravi, infatti, per avere più possibilità di maturare lo scatto, potrebbero volersi spostare in scuole dove la media dei crediti maturati dai docenti è relativamente bassa e quindi verso scuole dove la qualità dell’insegnamento è mediamente meno buona, aiutandole così a invertire la tendenza (…) il meccanismo nel suo complesso consentirà di ridurre la disparità tra scuole, e aumentare la coesione sociale”.
Insomma, il docente con un punteggio in crediti troppo basso per entrare nell’Olimpo del 66% della sua scuola, vedrebbe come unica prospettiva per un futuro economico migliore, come è accaduto a tanti suoi connazionali di inizio Novecento, pensare all’emigrazione guardando oltre oceano. E così lascia colleghi, alunni e genitori e si imbarca verso altri lidi. Beninteso, stavolta niente valigie di cartone, parenti in lacrime o statue della libertà che si stagliano all’orizzonte, ma la dinamica economico-demografica sarebbe più o meno quella.
Secondo gli auspici, previsioni o visioni oniriche sulla coesione sociale di chi ha predisposto il documento, i colleghi della nuova scuola accoglierebbero con qualcosa di simile ad un Ooooh… di ammirazione il docente mediamente più titolato in arrivo, non avendo neanche sperato di poter incrociare un giorno il lavoro con colleghi di tale levatura e di poter così, grazie a loro, “invertire la tendenza” della loro scuola.
E, in sede di valutazione dei crediti, i docenti del nucleo di valutazione, piuttosto che favorire i colleghi che conoscono da vent’anni, onorati dell’insperato prestigio aggiuntivo conferito all’istituto di arrivo, bontà sua, dal nuovo arrivato, premierebbero lui e lascerebbero a bocca asciutta qualche altro loro collega e magari amico.
Ora, l’ottimismo in politica è un must, ma un minimo di buon senso dovrebbe far pensare a scenari diversi. Le scuole di arrivo vedrebbero costituirsi fronti di opposizione “leghista” in difesa del lavoro degli autoctoni o all’insegna di un vero e proprio “Yankee go home”. Il nucleo di valutazione comincerebbe a riconoscere, come prova inconfutabile di formazione professionale e qualità didattica, anche crediti non certificati o malamente certificati o almeno millantati con un minimo di garbo da parte dei docenti nativi e comincerebbe a concedere, moltiplicare o inventarsi incarichi aggiuntivi a favore di quelli di loro che più rischiano di vedersi scalzare dagli invadenti immigrati.
Scenario certamente troppo roseo il primo e magari troppo fosco il secondo. Tuttavia, in un clima di esasperazione maturata per il blocco prolungato degli stipendi, al Ministero farebbero bene a cominciare a prepararsi mentalmente anche a prospettive del secondo tipo. Che non pare possano portare tanta acqua a favore della “coesione sociale”.