La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni parla di riforma del merito, riferita “soprattutto alla scuola”.
Un possibile versante riguarderà certamente gli studenti e ne parliamo in un ampio servizio.
Ma è possibile che la Presidente stia pensando anche alla valorizzazione del merito del personale scolastico, a partire dai docenti. E qui la questione diventa molto più complicata e non sarà per niente facile affrontarla.
E’ da almeno un quarto di secolo che tutti i governi che si sono succeduti hanno cercato una mezza soluzione, ma senza riuscirci.
Il primo fu il ministro Berlinguer che, dopo aver trovato un accordo con i sindacati (il famoso “concorsone” era stato inserito nel CCNL del 1999) venne letteralmente travolto da uno sciopero passato alla storia e fu quindi costretto ad andarsene da Viale Trastevere.
Successivamente, dopo la firma del ccnl del 2002/2005, venne anche istituito un tavolo di lavoro con lo scopo di individuare un possibile percorso per la carriera dei docenti al quale parteciparono tecnici ministeriali, esperti di politiche scolastiche e vertici sindacali.
Nel maggio del 2004 il gruppo di lavoro produsse un ampio documento che, come è facile immaginare, venne rapidamente archiviato.
Di possibile carriera dei docenti si parlò anche in occasione della presentazione del ddl Aprea n. 953 (2008) che, rivisto e integrato dopo un lungo confronto con il PD, venne approvato dalla Camera dei Deputati ma lì si fermò.
Ci provò poi nel 2015 Matteo Renzi che riuscì a far inserire nella legge 107 un passaggio che consentiva alle scuole di riconoscere un compenso aggiuntvo ai docenti considerati “meritevoli”: dopo mille proteste il “fondo per il merito” è confluito di fatto nel fondo di istituto e sottoposto alla contrattazione sindacale di scuola.
Sulla questione, i sindacati oppongono da sempre un netto rifiuto, variamente motivato: si va dal “no” di principio al “sì, ma a condizione che”.
La condizione, per lo più, viene così declinata: “Prima di parlare di aumenti legati al merito bisogna adeguare gli stipendi per tutto il personale”, clausola comprensibile ma che, di fatto, rende pressoché impossibile l’adozione di qualsiasi provvedimento in materia.
Vedremo se il Governo Meloni, che gode di una larga maggioranza in Parlamento e di un buon consenso nel paese e nella scuola (i voti di un anno fa arrivano anche da docenti e ata), riuscirà a mettere mano ad un problema che si trascina da decenni.