Il Comitato istituito per le celebrazioni del centenario della nascita di don Lorenzo Milani organizza a Catania, oggi e domani, 28 e 29 settembre 2023, un convegno sul tema della dispersione scolastica, come avevamo anticipato.
Si rende omaggio in questo modo a una visione dell’educazione e della scuola che è centrale nell’esperienza di Barbiana e che trova la sua sintesi più efficace in uno dei passi più noti di Lettera a una professoressa: la scuola che perde i suoi alunni più in difficoltà “è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati“. Il dibattito – che vedrà confrontarsi insegnanti, pedagogisti, magistrati, sindacalisti della scuola – partirà proprio “dalla figura di Don Milani, dai testi e dalle sue battaglie”.
La seconda tavola rotonda
Ai lavori del Convegno hanno partecipato, in una tavola rotonda in programma nella prima giornata, alle 17,30, Gianna Fracassi, segretaria generale Flc-Cgil, Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola, e Francesca Ricci, Uil Scuola. I tre si sono confrontati sul tema: “Promuovere un comune patto educativo. Il ruolo degli insegnanti”.
Fracassi: “Merito e talenti? Pedagogia dell’esclusione”
“La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde”, questo diceva Don Milani. Ecco il commento sulla dispersione scolastica di Gianna Fracassi (Flc-Cgil): “Credo che troppo spesso in realtà a risposte rispetto a temi complessi abbiamo avuto banalizzazioni e provvedimenti spot. La dispersione non può essere collocata in una dinamica di propaganda, non tesa ad affrontare il problema. Spesso si usano stereotipi per situazioni complesse”.
“Non ci sono stati investimenti da questo punto di vista, l’occupazione femminile è un terreno, ad esempio, importante. Anche il lessico è importante: merito, talenti, personalizzazione, sono parole che definisco la pedagogia dell’esclusione. Oggi la situazione è ‘chi ce la fa ce la fa’ Questo è l’opposto rispetto all’esperienza di Don Milani. Oltre a fare convegni e ricordare la sua figura dovremmo provare a forzare, dare una narrazione diversa, indicare gli strumenti che possono determinare effetti diversi. Se la società civile non prova a cambiare pagina, dicendo ‘C’è solo il Decreto Caivano’, noi educatori dobbiamo ribellarci, imporre di nuovo il valore e gli strumenti didattici come risposta al disagio sociale. Dobbiamo andare oltr. Forse è il caso di evitare di ricordare cose dette, belle parole, ma in una condizione ormai drasticamente diversa. Io sono ottimista, penso che insieme possiamo cambiare le cose”.
“Abbiamo delle preoccupazioni sulla Nadef. Quando si parla di valorizzazione dei docenti occorre spiegare al ministro che i docenti italiani hanno bisogno che venga valorizzato il loro ruolo dagli stipendi. Una scuola che ha un docente su 5 precario non va bene. Si scarica tutto sulla scuola e sulle condizioni di lavoro del personale. Ricordo che i docenti precari spesso sono di sostegno, una funzione fondamentale data a chi non ha certezza del futuro”.
“Credo che ci sia da fare molto di più, collegando la dispersione al lavoro dei docenti. La dispersione scolastica si combatte a scuola. Sono gli insegnanti che lo devono fare per primi. Vorrei che la scuola dell’infanzia sia obbligatoria, vorrei più asili nido, tempo pieno, laboratori nelle scuole superiori, vorrei meno alunni per classe. Sono questi gli strumenti per contrastare la dispersione. Ma la scuola è un’isola, spesso non c’è nulla intorno. Dobbiamo dimostrare che il personale della scuola ha voglia di combattere”.
Barbacci: “Noi adulti abbiamo una grave colpa”
Ecco le parole di Ivana Barbacci (Cisl Scuola): “Provo inquietudine. La dispersione è una condizione che viviamo da 30 anni. Non è qualcosa che nasce nella scuola contemporanea, c’era già all’epoca di Don Milani. Dobbiamo chiamare la scuola ‘dell’obbligo’, purtroppo. Molti dei nostri studenti si disperdono, sono altri che raccolgono i nostri alunni. A volte non lo decidono solo loro, ma anche le famiglie. C’è una carenza da parte delle istituzioni. Questa inquietudine deve riguardare quello che possiamo fare noi adulti. Noi non stiamo guardando al futuro, stiamo mollando una generazione intera, questa è una grave colpa”.
“Decreto Caivano? Stiamo accelerando la dispersione scolastica. C’è una responsabilità collettiva. Le istituzioni non hanno valutato un investimento per intervenire sul territorio. Si è rotta l’alleanza tra scuola e famiglia, territorio. La scuola non è una grande pancia, che può assumersi tutti i mali della società. I lavori di coloro che si prendono cura delle persone non sono più appetibili”.
“Avremmo dovuto chiamare il ministero nuovamente ‘della pubblica istruzione’. L’istruzione è pubblica, è un bene comune, si paga con le tasse. Attaccare suffissi o prefissi al termine istruzione serve a poco. Dobbiamo riconoscere in questa fase storica più che il merito la meritorietà di chi si sforza nelle condizioni date, nelle Caivano. Don Milani ci insegna qualcosa sul rigore. La scuola ha perso qualche coordinata. Le riforme sono state calate dall’alto, ma quelle che funzionano sono quelle che arrivano dal basso. La scuola ha subito suggestioni che hanno logorato le sue capacità di incidere sulla dignità delle persone e sul bene comune”.
“La nostra economia non si fonda sul valore del lavoro. Abbiamo la povertà di chi lavora, delle retribuzioni. Non basta più trovare il lavoro. Occorre combattere l’evasione fiscale. Nell’agenda del Parlamento questo dovrebbe essere un tema all’ordine del giorno”.
“Reclutamento? Ci siamo fatti dettare le regole dal Pnrr. Li reclutiamo con le crocette per fare presto, perché non abbiamo tempo per fare i concorsi. Spesso si lasciano sulla carta 10mila assunzioni, abbandonate. Potremmo dare un servizio occupazionale enorme, ma non troviamo le persone disposte a farlo”.
Ricci (Uil Scuola): “Investiamo pochissimo in scuola”
Ecco le parole di Francesca Ricci (Uil Scuola): “Avere cura è un fatto nobile, da ripetere all’infinito. Siamo noi a perdere loro o noi a perdere noi? Loro perdono l’occasione di imparare. Abbiamo lanciato un dossier sui minori migranti in Italia. Abbiamo un Paese che offre, con la Costituzione, un panorama inclusivo. La scuola italiana nasce per accogliere tutti. Si tratta di un problema di responsabilità ma anche di metodo, di capacità di parlare linguaggi diversi. Se non c’è interesse il sistema decade. Occorre suscitare meraviglia, con attenzione, ascolto, professionalità. Abbiamo i docenti migliori d’Europa. Siamo invece messi malissimo in risorse economiche. Il Paese investe pochissimo in scuola”.
“Nella Finanziaria non ci sono soldi per la scuola, ne siamo certi. Esiste un unico sistema per cercare risorse: sfilare la scuola dal Patto di Stabilità. Ciò significa potersi permettere di usare qualche soldo in più per le spese correnti della scuola, come gli stipendi. Contratto scuola? Otto mesi di trattativa per non avere niente di meglio”.
“Il modello scolastico non deve essere quello dell’avviamento al lavoro. Non si studia per trovare al lavoro. La scuola viene prima, serve per istruire e poi dopo viene il resto. A scuola non si deve parlare di trasmettere o riempire”.