A volte sembra che non sia il caso. Ma è il caso, sicuramente.
Sfogliavo un vetusto libro di antologia ed ecco una pagina dedicata al rapporto tra Platone e la scrittura, un riassunto delle critiche dl Filosofo contro il ‘segno grafico’ e i suoi pensieri a favore dell’oralità (il ‘Fedro’ e la ‘Settima Lettera’).
La scrittura finge di creare al di fuori della mente ciò che in realtà può esistere solo al suo interno, distrugge la memoria, è inerte e non può difendersi.
Qualcosa di simile adduceva nel 1477 Geronimo Squarciafico, nell’affermare che la stampa rende gli uomini meno studiosi, diminuisce la memoria, debilita la mente e degrada l’umanità.
Dibattiti del passato. Ma la storia, in altre forme, si ripete. Resta, infatti, il dilemma.
Fino a quanto la tecnologia ci aiuta e ci permette di crescere e di svilupparci e quando (‘il confine da non superare’) può diventare pericolosa e diminuire le nostre capacità?
La domanda rimane anche e proprio in un’epoca altamente tecnologizzata, dove imperano computer, tablet, smartfhone, lim, ambienti virtuali e dove l’intelligenza artificiale accompagna e, spesso, determina le nostre vite in ogni ambito anche, soprattutto, nella scuola.
E’ chiara la volontà di inserire massicciamente l’informatica più avanzata nei processi educativi, ma sono altresì evidenti e ben presenti i rischi che possono derivare nell’affidare l’istruzione solo (o in gran parte) ad un’elevata tecnologia.
Proprio per questo in Svezia si è deciso, non senza polemiche, di ritornare a carta a penna, almeno alle primarie, dopo che un’indagine internazionale ha rilevato una diminuzione, da parte dei bambini, nella capacità di lettura.
Anche l’Unesco mette da in guardia dall’uso eccessivo e non appropriato della tecnologia nelle scuole, che potrebbe portare ad ostacolare la crescita dei ragazzi (soprattutto dei bambini).
Altri studi (anche in Italia) hanno portato a constatare come l’uso della tastiera semplifichi e velocizzi il processo di scrittura, ma ha conseguenze cognitive e sugli apprendimenti: dall’involuzione della manualità fino all’impoverimento lessicale.
Con la scrittura digitale (si afferma) tutto viene in grandissima parte demandato allo strumento: la motricità è ridotta a pochi gesti elementari, la memoria della forma delle lettere e dei gesti necessari per eseguirla non è più necessaria e quindi non viene esercitata.
L’adozione della tecnologia nel processo di apprendimento è un tema di discussione che risuona anche attraverso i corridoi di molti istituti scolastici italiani. In alcuni si è deciso di limitare l’uso dei tablet per dare più spazio ad appunti presi ‘a mano’ e a libri ‘cartacei’.
Forse si profila uno scontro tra tecnoconvinti e tecnoscettici, anche se nessuno ormai, pensa di poter fare a meno del computer e di internet (farei volentieri a meno del registro elettronico, se potessi).
Il fatto che si sia presa coscienza del problema è un segno di per sé positivo.
Nessuno vuole fermare il progredire della tecnica, ma tutto deve essere impostato sulla consapevolezza che i ‘manufatti’ tecnologici sono strumenti umani da gestire e utilizzare (o non utilizzare) secondo le necessità umane e, soprattutto, senza eccedere (gli eccessi sono sempre dannosi).
Intelligenza, misura, sobrietà e capacità critica devono sovraintendere il ricorso all’ausilio (nei tempi e nei modi giusti) di tali meraviglie della tecnica, proprio perché tali strumenti risultino utili e favoriscano l’apprendimento, senza portare, invece, a risultati di impoverimento mentale.
Insomma occorre far convivere la tradizione (nella sua essenza e nella sua virtù) con l’innovazione. Trovare un punto d’incontro, una valida miscela. Facile a dirsi, ma nella pratica….
Del resto, è un dato di fatto, la maggior parte dei governi d’Europa (con più cautela la Svezia), compresa l’Italia stanziano svariati fondi per informatizzare la scuola e creano, continuamente, piattaforme virtuali sempre più aggiornate e multifunzionali.
Non si può tornare indietro, certo, ma si deve procedere con cautela, portandosi sulle spalle lo zaino, sempre necessario, del passato, uno zaino non pesante, ma pieno di valori intramontabili ed eterni, di metodi educativi sempre validi, anzi indispensabili, e di strumenti, forse datati, ma sicuramente ancora utili.
Unire ‘la penna e il libro al computer’, è questo l’obiettivo da raggiungere per evolverci positivamente, evitare regressi, non inaridire l’anima.
Però non si può nascondere una certa contraddizione (nono facile da giustificare e superare). Anche in passato, per dare più efficacia e divulgazione alle critiche contro la scrittura, si utilizzò la scrittura, per ‘avvertire’ dei pericoli della stampa, si fece ricorso alla stessa stampa e, più modestamente, anch’io, in questa difesa del passato (quanto può ancora insegnarci e quanti strumenti utili, per l’oggi e il domani, può ancora donarci), anch’io, ormai, mi adeguo e mi rassegno a digitare su un computer (assai vetusto però).
I cambiamenti e le innovazioni non si fermano, fanno parte della vita, si dovrebbero controllare, però, e usare ‘cum grano salis’.
O no?
Andrea Ceriani