L’emergenza sanitaria dal COVID-19 ha indissolubilmente mutato i rapporti, di natura spesso conflittuale, tra studenti e scuola, intesa sia come ambiente che come complesso di attività didattiche, di formazione e di crescita personale. Le continue chiusure hanno avuto un impatto, prima psicologico e successivamente di mero rendimento e prestazione, talvolta ritenuto irreversibile agli stessi osservatori internazionali, i quali hanno asserito che solo un decennio di stabilità didattica ed esecutiva potrebbe essere utile per limitare i danni permanenti a giovani e giovanissimi, per i quali si rende noto un aumento esponenziale delle psicopatie a spettro lieve (ansia e disturbi depressivi in generale). Queste ultime, intese con accezione sociale, allontanano il giovane dagli ambienti comuni causando un senso di alienazione e timore nei confronti della scuola, tale da trattarla con evitamento: si sviluppa così, oltre che per fattori di natura sociale ed economica, la dispersione scolastica ad ampio raggio che colpisce gli USA, i quali contano milioni di studenti che in termini pratici mancano all’appello per svariati motivi. Spesso gli istituti, in tale ottica, non sono in grado di garantire a tutta la popolazione studentesca il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento stimati.
L’allarme lanciato dalle autorità locali. I disagi passivi
La frequenza delle assenze degli studenti negli Stati Uniti è aumentata in modo significativo rispetto ai livelli pre-pandemia, con le scuole caratterizzate da popolazione studentesca ad elevata povertà che si trovano ad affrontare tassi particolarmente allarmanti. In un nuovo studio che utilizza i dati dell’anno scolastico 2021-23 del Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti e pubblicato lo scorso venerdì dal quotidiano locale Attendance Works, è stato rivelato che quasi il 30% degli studenti – circa 14,7 milioni – ha dovuto affrontare un’assenza cronica, influenzando in modo significativo l’esperienza di apprendimento di coloro che erano presenti in classe. “Quando l’assenza cronica raggiunge livelli elevati, viene influenzata anche l’esperienza educativa dei coetanei, non solo di quelli che spesso mancano da scuola. I dati di valutazione nazionale per il 2022 mostrano che questi aumenti delle assenze croniche sono associati a un calo significativo dei risultati degli studenti e minacciano gli sforzi per riprendersi dalla pandemia”, osserva lo studio. Nell’anno scolastico 2022-2023, le grandi città hanno registrato un notevole aumento delle assenze croniche estreme, con il 60% delle scuole colpite, rispetto al 23% prima della pandemia.
Una questione di reddito?
Lo studio afferma che circa 5,3 milioni di studenti che affrontano assenze croniche vivono nelle grandi città, 5,1 milioni nelle periferie, 2,6 milioni vivono nelle aree rurali e le città di minor superficie ne contano 1,5 milioni con un assenteismo cronico che colpisce studenti di tutte le etnie, nonostante la posizione geografica. Tuttavia, le scuole situate in aree ad alta povertà, in cui il 75% o più degli studenti riceve il pranzo gratuito o a prezzo ridotto, hanno registrato un notevole aumento dell’assenteismo cronico, raggiungendo il 69% già durante l’anno scolastico 2021-2022, rispetto al 25% prima della pandemia. Nel complesso, in un terzo dei distretti scolastici statunitensi più della metà delle scuole si trova ad affrontare assenze croniche estreme, il che significa che gli studenti hanno perso il 10% o più del totale dei giorni di iscrizione durante l’anno scolastico per qualsiasi motivo, inclusi giorni di malattia, sospensioni o semplici assenze ingiustificate. Il limite imposto dalla normativa statunitense, indipendentemente dal plesso, posizione e grado / livello d’istruzione, è pari a massimo il 25 %: chi non rispetta tale valore – salvo i consueti casi giustificati per patologie, assistenza specifica, prestazioni ed attività sportive a livello agonistico – vede il richiamo della famiglia seguito dalla sospensione dello studente.