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Sciopero nazionale scuola di Cobas Sardegna il 7 dicembre, contro dimensionamento e legge di bilancio

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La stagione negli scioperi non è conclusa.
Per il prossimo 7 dicembre, infatti, è in arrivo lo sciopero nazionale del comparto scuola proclamato da Cobas Scuola Sardegna, organizzazione sindacale indipendente che opera prevalentemente in Sardegna ma con rilevanza nazionale.
La protesta riguarda innanzitutto il dimensionamento scolastico e la norma sull’aumento del numero minimo di alunne/i (media da 900 a 1.000), per mantenere l’autonomia degli Istituti Scolastici.
Il dimensionamento  – secondo Cobas Sardegna – provocherebbe lo smantellamento del sistema scolastico in molte aree del territorio nazionale in quanto che “non tiene in alcun conto le specificità dei territori, prevede la creazione di Istituti monstre ingestibili e la perdita di migliaia di posti di lavoro”.

Ma nel mirino del sindacato c’è anche il disegno di legge di bilancio all’esame del Senato proprio in questi giorni, che “peggiorerebbe le attuali e future pensioni intaccando anche diritti acquisiti”; in proposito il sindacato chiede la modifica della Legge Fornero e della Legge Dini che “allungano a dismisura la vita lavorativa e prevedono pensioni miserabili per le prossime generazioni”.

Il “pacchetto” della protesta ci sono anche l’autonomia differenziata, ma anche “la scuola della delirante didattica delle competenze addestrative e della digitalizzazione selvaggia, con lo sperpero dei denari del PNRR”.
L’abolizione dell’Invalsi è una misura che secondo Cobas Sardegna dovrebbe essere realizzata quanto prima.

E ci sono anche temi più squisitamente contrattuali, dagli “aumenti ridicoli rispetto all’inflazione” previsti dall’ultimo CCNL fino alla richiesta della modifica delle norme sul reclutamento e dell’immissione in ruolo di tutte/i le/i precari/e che hanno 3 anni di servizio.

Il manifesto che Cobas Scuola Sardegna sta diffondendo in queste ore si parla infine di uno sciopero “contro tutte le guerre, le servitù militari e le spese militari in continuo aumento e per la riconversione delle fabbriche di armi e la fine del loro commercio con investimenti di tali risorse nelle urgenti necessità sociali”.