La Flc-Cgil Sicilia aveva lanciato, il 27 novembre scorso, una petizione online contro il dimensionamento scolastico e in modo particolare contro la decisione del Governo nazionale di ridurre del 10% il numero delle autonomie scolastiche in Italia, mentre solo in Sicilia passerebbero dalle attuali 802 a 697 nei prossimi 3 anni.
“Praticamente 105 istituzioni scolastiche in meno”, gridavano i sindacati della scuola.
Questa scellerata scelta, aggiungeva la Flc-Cgil nel suo comunicato, è dettata dalla volontà di risparmiare 88 milioni di euro per eliminare le reggenze dei dirigenti scolastici e dei direttori amministrativi, ma con grave nocumento delle aree interne dell’isola con le piccole comunità scolastiche, soprattutto quelle che si trovano in territori poco popolati e collegati, come ad esempio le zone montane e le piccole isole.
A seguito di tute queste considerazioni, la Flc-Cgil aveva lanciato una petizione (https://chng.it/6ffyDRN8y9) per convincere il Governo nazionale a fare marcia indietro e il governo regionale a impugnare questo decreto legislativo, “come hanno già fatto altre regioni d’Italia”.
Oggi l’altro comunicato col quale, il segretario regionale, Rizza, oltre a dare i numeri della sua petizione, chiede al governo regionale di impugnare il provvedimento, spiegando che è “Inaccettabile che si pensi di far cassa sul futuro dei giovani”.
E fa pure presente che “sono quasi 4 mila in pochi giorni le firme in calce alla petizione della Flc Cgil Sicilia contro il progetto del governo di dimensionamento scolastico, dimostrando così il dissenso dei lavoratori della scuola “rispetto a una misura che renderà ancora più fragile un sistema di istruzione pubblica che, al contrario, andrebbe rafforzato con adeguati investimenti”.
Rizza, alla cui petizione si è unita anche la Cgil Sicilia con il segretario regionale Mannino, rileva in una nota che “paradossalmente la Sicilia viene ancora più penalizzata rispetto al resto di Italia. Il taglio infatti è superiore al 10% deciso su scala nazionale, con 102 autonomie scolastiche in meno nel triennio sulle attuali 802”.
La mannaia, “si abbatte su una regione che è ai primi posti per povertà educativa”.
I due sindacalisti listi ricordano pure che la dispersione scolastica “si attesta in Sicilia al 21% con punte del 25%, rispetto a una media nazionale dell’11,5%. Nel 2022 l’Italia è quinta tra i Paesi Ue per abbandoni scolastici precoci, col grande contributo della Sicilia, dove il 22,4% dei giovani con meno di 18 anni, 10 punti percentuali al di sopra della media nazionale, lascia la scuola senza diploma o qualifica professionale.
“Una scuola carente di strutture, come laboratori o palestre, e servizi a supporto come i trasporti” dicono ancora. “Basti pensare che il 16,5% degli edifici statali sono classificati come vetusti. La carenza di servizi e di personale fa sì che mentre a livello nazionale il 38% delle scuole offre il tempo pieno, il dato crolla al 6,5% a Palermo alla primaria, al 10,4% alla secondaria, a Catania rispettivamente al 9,5% e al 5,1%, mentre va meglio a Messina con il 20,3%e il 31,3%”.
“Tutto questo in un contesto regionale che vede crescere la povertà e il disagio sociale. Il sistema istruzione della Sicilia ha bisogno di investimenti, non di tagli che finirebbero col penalizzare le zone più fragili come le aree interne, le zone montane, le piccole isole. Le reggenze che il governo vuole eliminare si aboliscono con nuove assunzioni, per rendere più forte e più strutturato il sistema scolastico meridionale. Non si può pensare di fare cassa- sottolineano- condizionando così pesantemente il futuro delle giovani generazioni”.