Nella tarda serata di ieri, 6 dicembre, come riporta La Repubblica, è stato approvato un ordine del giorno alla Camera dei deputati durante la discussione del provvedimento-delega a prima firma Walter Rizzetto, che prevede una “retribuzione equa” senza i 9 euro di salario minimo chiesti dall’opposizione.
Gabbie salariali? Cosa dice l’ordine del giorno incriminato
L’ordine del giorno della Lega chiede al Governo di introdurre una “quota variabile” di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare “nel mondo della scuola”, da calcolare in base “al luogo di attività”. Questo per tenere in considerazione “il potere d’acquisto” e le fluttuazioni da Nord a Sud dello Stivale.
L’atto impegna il Governo a “valutare l’opportunità di prevedere con apposito provvedimento un intervento sulla contrattazione del pubblico impiego”. L’odg auspica “per alcuni settori, come ad esempio nel mondo della scuola, un’evoluzione della contrattazione”, proponendo “una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività”. Questo perché “lo stipendio unico nazionale”, si legge, potrebbe “comportare diseguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo”.
Opposizioni all’attacco
E col parere favorevole del Governo, rappresentato dal sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, riporta ancora il quotidiano, è stato considerato approvato. Secondo Marco Sarracino, deputato e responsabile Sud nella segreteria di Elly Schlein, “la destra torna a sdoganare il principio delle gabbie salariali, perché con l’ordine del giorno presentato dalla Lega e approvato in piena notte, si punta esplicitamente a classificare i cittadini del Meridione e delle aree interne quali cittadini di serie B. Per la destra un medico, un infermiere, un insegnante del Sud deve guadagnare meno di un suo collega del Nord: è un colpo alla coesione e all’unità nazionale, che si aggiunge allo scellerato progetto di autonomia differenziata, mentre già oggi lo Stato italiano investe per un cittadino del nord circa 18mila euro l’anno, mentre per uno del Mezzogiorno circa 13mila”.
“C’è un piccolo particolare, ovvero che i contratti si firmano con i sindacati rappresentativi e per quel che ci riguarda non sottoscriveremo mai un contratto che differenzi per retribuzioni le aree geografiche. Il problema degli insegnanti delle aree metropolitane, non è il pane, la pasta e il cappuccino al bar ma i costi spropositati degli alloggi, si pensi a intervenire su questo problema, se si vogliono fare cose serie”, questo quanto dichiara Rino Di Meglio, Coordinatore Nazionale Gilda Insegnanti, sul provvedimento presentato dalla Lega.
“Invece di aumentare gli stipendi, trovando le giuste risorse per il rinnovo del contratto Istruzione e Ricerca 2022-24, il Governo pensa evidentemente a come abbassarli. Solo così possiamo interpretare l’approvazione nottetempo dell’ordine del giorno presentato dalla Lega che vorrebbe introdurre una distinzione dello stipendio, in particolare del personale della scuola, attraverso ‘una quota di reddito correlato al luogo di attività’. Si immagina dunque non solo di retribuire diversamente chi lavora al Sud, al Centro e al Nord, ma anche chi lavora nelle aree metropolitane rispetto a chi lavora nella provincia. Niente di nuovo sotto il sole, ciò significa reintrodurre le gabbie salariali in un Paese che avrebbe soprattutto bisogno di superare i divari territoriali che lo affliggono.
“Con l‘autonomia differenziata il Governo vuole dividere il Paese e con le gabbie salariali punta a dividere anche i lavoratori tra di loro. La FLC CGIL continuerà ad opporsi fermamente a questi progetti divisivi e continuerà a lottare e mobilitarsi per una scuola pubblica unitaria e per dignitose retribuzioni per tutto il personale della scuola e su tutto il territorio nazionale”, così in un comunicato il sindacato guidato da Gianna Fracassi.
Cosa aveva detto Valditara su eventuali gabbie salariali?
Alcune dichiarazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara dello scorso gennaio proprio su stipendi differenziati hanno attirato molte polemiche. Ecco cosa aveva detto Valditara:
“Bisogna trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”. Sull’autonomia differenziata il leghista ha fatto una riflessione: “Non credo che il contratto nazionale verrà toccato, non è una richiesta delle Regioni”.
“Le Regioni chiedono invece una maggiore equità laddove il costo della vita sia più alto. La sfida è capire come fare per far sì che il lavoratore che ha un costo della vita più alto in un certo territorio abbia uno stipendio più alto. Chi vive e lavora in una regione d’Italia in cui più alto è il costo della vita potrebbe guadagnare di più”.
“Per evitare il rischio di trovare molte aziende disposte a finanziare gli istituti solo in alcuni territori, creando disparità insanabili per la scuola pubblica, per il ministro la soluzione è “la creazione di un fondo perequativo centralizzato e ministeriale che ci consenta, con i fondi attratti per un liceo di Brescia, di finanziarne anche uno a Palermo o un istituto professionale a Caserta”. Secondo Valditara “dobbiamo avere il coraggio di togliere istruzione e ricerca dai vincoli di Maastricht”.