La Riforma della filiera tecnico-professionale, in discussione al Senato e oggetto di sperimentazione già dal prossimo anno scolastico, manifesta buone intenzioni e larghe vedute, ma “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Gli stakeholder che dovrebbero partecipare al progetto hanno già posto il problema.
L’obiettivo è ambizioso: la creazione di una filiera integrata che raccordi, in un piano strategico comune, tutti i soggetti che erogano formazione di tipo professionalizzante, comprese le istituzioni formative accreditate dalle Regioni. I percorsi dovranno offrire e garantire standard qualitativi capaci di corrispondere ai fabbisogni di ciascun settore produttivo e territorio, contribuendo a ridurre il mismatch tra domanda e offerta di competenza.
Mentre il Ddl 924 deve ancora concludere l’iter parlamentare, il ministro Valditara ha deciso di procedere con la sperimentazione già dal prossimo anno scolastico, stante la “valenza strategica” del provvedimento e in contrasto con la valutazione negativa fatta dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione che ha evidenziato varie criticità e problematicità.
La sperimentazione è finalizzata a proporre agli studenti un’offerta formativa in ambito tecnologico-professionale, ampia, flessibile e integrata in rete, in sinergia fra scuole secondarie di II grado, Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e ITS Academy, con la possibilità di passaggi tra i vari percorsi di studio e agevolando la prosecuzione a livello terziario
Una significativa novità è il coinvolgimento diretto delle imprese attraverso azioni di collaborazione didattica in aula, nei laboratori, nei percorsi di Pcto e di apprendistato. A tale scopo è prevista la stipula di contratti di prestazione d’opera per attività di insegnamento con soggetti del mondo del lavoro e delle professioni.
Il punto dolente però, che da anni abbiamo visto in tutte le “riforme epocali”, è scritto chiaro e tondo sia nel Ddl 924 sia nel decreto del 7 dicembre che promuove il piano di sperimentazione: “si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Confindustria: guardare ad altri Paesi europei
Confindustria ha accolto con favore la riforma e anche la sperimentazione.
Nell’audizione al Senato del 5 dicembre 2023 ha sottolineato tuttavia alcuni punti di attenzione e criticità, uno dei quali riguarda proprio il coinvolgimento di docenti provenienti dal lavoro e dalle professioni per attività di insegnamento.
“È una novità molto positiva, ma onerosa”, si osserva. “Su questo punto bisogna chiarire in che modo, a parità di risorse, sarà possibile finanziare i contratti di prestazione d’opera”.
Il suggerimento è di guardare all’estero, specie nei principali paesi industrializzati dove la filiera professionalizzante è consolidata: “Come già avviene in altri paesi europei (in particolare Germania, Austria, Paesi Bassi e Francia) gli oneri finanziari per la contrattualizzazione di prestazioni didattiche da parte di lavoratori delle imprese sono a carico pubblico. Ad esse possono affiancarsi agevolazioni di tipo fiscale (deduzioni e detrazioni), oltre a decontribuzioni per l’assunzione degli apprendisti coinvolti nel percorso di formazione”.
Si guarda un po’ al modello degli ITS Academy, istituiti con la legge 99/2022, che riconosce per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore delle fondazioni un credito d’imposta del 30%,che sale al 60% se l’erogazione avviene nelle province in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello medio nazionale
Enti di formazione professionale: pari dignità anche nelle risorse
Nelle audizioni che si sono tenute alla 7a Commissione del Senato, sono intervenuti anche i rappresentanti dell’IeFP di competenza regionale, che si sono detti favorevoli alla costruzione della filiera formativa tecnologico-professionale purché questi Istituti siano integrati “senza asimmetrie e disparità”, e senza sovrapposizioni con gli Istituti professionali di Stato.
Forma, l’associazione degli enti di formazione professionale, ha posto l’accento anche sul problema dei finanziamenti, “ci sembra doveroso ricordare che la partecipazione delle Istituzioni formative alla sperimentazione richiede il riconoscimento di effettive condizioni di pari dignità con le Istituzioni scolastiche anche dal punto di vista di finanziamenti adeguati”.
In particolare si chiedono: risorse statali certe da trasferire alle Regioni, definite in base alle effettive iscrizioni alla IeFP; le stesse misure nazionali di sostegno alle istituzioni scolastiche per gli investimenti strutturali e tecnologici, per la formazione del personale, per l’internazionalizzazione, per le competenze Stem; l’accesso alle risorse del Pnrr da cui gli enti lamentano di essere stati esclusi.
Insomma, sarà difficile conseguire gli obiettivi ambiziosi che si vogliono realizzare senza investimenti e mantenendosi “nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.