Lo scorso 12 dicembre il ministero ha pubblicato l’attesa circolare sulle iscrizioni all’a.s. 2024/25. Le domande di iscrizione alle classi prime potranno essere presentate dal 18 gennaio al 10 febbraio, quindi in un periodo successivo a quello previsto nelle scorse annate, in cui le iscrizioni chiudevano a fine gennaio.
Si tratta di un momento cruciale nella crescita di ogni ragazzo: scegliere la scuola superiore da frequentare è importantissimo. Si tratta di una decisione che determina il proprio futuro e la propria carriera professionale. La scelta viene fatta da ragazzini di tredici/quattordici anni.
Molti da tempo credono che sia un’età troppo bassa per prendere autonomamente una decisione di tale portata. Uno di questi è il docente e scrittore Enrico Galiano, che ha pubblicato un post sarcastico su Facebook: “Alzi la mano chi pensa che 13 anni sia troppo presto come età per scegliere la scuola superiore”.
Giusto responsabilizzare? O meglio cambiare il sistema scolastico?
Da qui un fiume di commenti. C’è chi è d’accordo con l’insegnante e chi invece crede che è una buona occasione per iniziare a responsabilizzare anche i ragazzini.
“A 39 non so ancora cosa voglio fare della mia vita figuriamoci un ragazzino di 13. A differenza mia però mia figlia 11enne ha già le idee chiarissime. Chissà se resteranno tali ora che verrà ad immischiarsene la pre adolescenza”, ha scritto un’utente. “A mio avviso ci vorrebbe invece un maggiore impegno a rendere autonomi i ragazzi, rendendoli più consapevoli e più maturi, rispetto ai tempi presenti. Siam diventati troppo chiocce e meno punti di riferimento. I nostri ragazzi non riescono a spiccare il volo perché ci siamo sempre noi a tenerli per mano”, ha detto un’altra, sollevando il problema delle mamme chiocce che spesso scelgono quasi al posto dei figli.
Alcuni hanno discusso in merito al cattivo orientamento, e all’influenza di alcuni docenti: “A mia figlia avevano consigliato un professionale. Ha scelto il liceo, le piace tantissimo e ha degli ottimi voti. E, sì, a 13 anni è veramente troppo presto. Per carità, si può cambiare in corso d’opera ma sono spese oltre che disagio per i ragazzi”.
C’è chi ha fatto delle proposte concrete per cambiare il sistema scolastico: “Non è impossibile avere le idee chiare a 13 anni (io le avevo molto prima), ma diciamo che non è comune, e andrebbe prevista una qualche possibilità di rimandare la scelta. A me non dispiace come idea il concetto di materie obbligatorie per tutti (italiano, inglese, matematica sicuramente) e materie opzionali con le quali costruire un proprio curriculum nel corso del tempo, con maggiore elasticità rispetto allo stato attuale delle cose, ma non vivendo la scuola non so se possa essere una opzione praticabile”, “Convinta che le medie dovrebbero durare 5 anni e poi un triennio per la specializzazione. Non c’è solo il problema che un 13enne non sa cosa scegliere per il proprio futuro, ma soprattutto per chi abita in centri piccoli, mandare lontano da casa il figlio così presto, diventa una scommessa, spesso persa, in un periodo del genere. Inoltre oggi c’è il grande problema della scuola professionale che non decolla a scapito dei licei, che crescono, abbassando il livello degli stessi”, “Per come è strutturato il sistema italiano la scelta a 13 anni è prematura. Bisognerebbe modificare il sistema, biennio comune e indirizzi specifici dai 16 anni. D’accordo sul fatto che l’orientamento così come si fa adesso serve a poco. Molti sono confusi, seguono i compagni, la moda del momento o si affidano ai genitori. Bisogna avere il coraggio di cambiare le cose”.
Galiano: “Non è che il Liceo ti apre la mente e il professionale te la chiude”
Come ogni anno in giorni di scelte cruciali per studenti e famiglie poi emerge il tema degli stereotipi che circondano i licei e i professionali. A dire la sua opinione è stato proprio Galiano che, in un’intervista a Il Libraio, l’anno scorso ha dichiarato: “Fa bene Massimo Gramellini quando dice che il Classico è come la cyclette: una meravigliosa faticosissima corsa che apparentemente non ha niente di utile e che, sempre apparentemente, non ti porta da nessuna parte. Il punto è proprio questo: c’è chi può permetterselo di pensarla così, di vivere la scuola come una cyclette, e chi no. C’è chi non ha il tempo o i mezzi per stare su una cyclette, e deve uscire presto da scuola per andare a portare a casa la pagnotta. C’è chi semplicemente è cresciuto ascoltando solo la campana del lavoro a testa bassa, mentre l’altra campana, quella che ti dice di alzare la testa e di dedicare un tempo all’inutile mestiere della ricerca di sé stessi, è suonata a vuoto”.
E continua: “Quella campana dovrebbe essere proprio la scuola: dall’infanzia alle medie, è quello il vero tempo del riscatto sociale. È lì che si impara a credere nella scuola come mezzo per migliorare sé stessi, per trovare il proprio posto nel mondo. Non è che il Liceo ti apre la mente e il professionale te la chiude: è che al professionale arrivano quasi sempre ragazzi che già non ci credono più nella scuola come veicolo per salvarsi davvero, ma solo come un mezzo per trovare lavoro. Bene che vada. La mentalità aziendalista che si è insinuata a scuola negli ultimi anni ha certo dato la sua spinta, e proprio per questo non ha bisogno di essere nutrita dall’idea che esistano scuole-cyclette e scuole-azienda. Perché, soprattutto, così rischiamo di dimenticarci che la scuola non dovrebbe essere né una cyclette né un’azienda: ma una bicicletta che ti apra i polmoni, la mente e, allo stesso tempo, ti faccia arrivare da qualche parte”.