L’attrice e regista Paola Cortellesi, in questo momento regina del botteghino con il film “C’è ancora domani”, incentrato sul tema della violenza di genere, è intervenuta ieri, 10 gennaio, all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università Luiss a Roma.
Cortellesi sugli stereotipi delle fiabe
“Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso? Biancaneve faceva la colf ai sette nani!”, queste le parole dell’attrice riportate da La Stampa, che ha fatto un discorso agli studenti cercando di ribaltare gli stereotipi delle fiabe tradizionali come Biancaneve e i sette nani.
“Rimanete originali”, ha detto a tutti gli studenti evocando, senza citarlo apertamente, Steve Jobs, “siate pazzi, ma senza voler essere a tutti i costi ‘straordinari'”, ha continuato.
Educazione sessuale a scuola, una priorità per la Cortellesi
La Cortellesi ha parlato spesso in questi mesi di educazione sessuale a scuola: “Un deputato della Lega ha definito ‘una nefandezza’ l’idea, diceva, di ‘insegnare il sesso ai nostri figli di sei anni’. Quando ho sentito la notizia ho pensato proprio il contrario, l’educazione all’affettività e al rispetto di sé andrebbe iniziata alla scuola dell’infanzia, per proseguire più avanti con l’educazione sessuale, il tema del corpo… È uno scandalo che non sia previsto dal ministero. Una figlia adolescente davvero sta lì a sentire i genitori? È evidente che se ne debba occupare un esperto”.
“I ragazzini di oggi sono esposti a una quantità di informazioni esagerata, e quella non è l’età giusta per quei contenuti, ti cambiano i parametri, poi non capisci più niente e succedono anche cose molto gravi, basti leggere la cronaca del ‘branco’ che stupra”, ha aggiunto.
E, sull’importanza del linguaggio inclusivo: “Nuove generazioni più equilibrate? Dipende da dove provengono. Non mi riferisco al ceto sociale, ma all’etica. Ci sono stati anche uomini rispettosi e giocosi con le loro compagne. E ci sono anche adesso. Ma resiste, parallelamente, la mentalità sessista. Prendiamo la questione, importantissima, del ‘parlare neutro, o al femminile, o declinare al femminile’. Non credo che sia sbagliato, ho appunto dedicato tempo, ho fatto monologhi, credo che le parole siano ‘la traduzione dei pensieri’: ma penso anche che sposti l’attenzione dal quadro alla cornice”.