Home I lettori ci scrivono L’importanza di non chiamarsi Ernesto

L’importanza di non chiamarsi Ernesto

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Dopo gli interventi di una comica (Littizzetto), di un critico d’arte (Sgarbi) e di un imprenditore (Briatore),  si sentiva il bisogno dell’intervento di uno storico che ci indicasse la via maestra che dovrà prendere, se vuole evitare il declino, la scuola italiana. E infatti, dopo tanta trepidante attesa, lo storico Ernesto Galli della Loggia – che ha un cognome più lungo del popolare adagio “se stavi zitto l’era meglio” – propone, al posto della desueta e troppo mitizzata “Scuola dell’inclusione”, la moderna “Scuola dell’esclusione”.

Sei d’accordo a tornare alle classi speciali? SONDAGGIO

Perché, di fatto, è questa la scuola che lo storico sogna: alunni diversamente abili in classi differenti, anche se, per evitare il contagio, sarebbe meglio collocarli in scuole distanti almeno un centinaio di chilometri. Ragazzi con Bisogni Educativi Speciali in Istituti, appunto, Speciali, possibilmente all’estero o, sarebbe meglio, sulla luna.  Lo storico non lo dice esplicitamente, ma sogna una scuola a compartimenti stagni, più o meno come i treni sognati da Alain Elkann dove non dovrebbero salire né i cani né i Lanzichenecchi.

All’illuminato storico non gli salta manco nell’anticamera del cervello che in una classe il diversamente abile, o il BES, è una risorsa in affettività, gentilezza, tenerezza e umanità, che sono poi quelle qualità che mancano sempre di più a una società frettolosa dove l’unico obiettivo da perseguire, costi quel che costi, è il profitto, il consumare, il mercato, l’arrivare primi al traguardo.

Qualità di cui avrebbe bisogno anche Ernesto, a dire il vero. Non il protagonista della commedia di Oscar Wilde, ma lo storico che scrive nel Corriere della sera.

Augusto Secchi

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