La scuola è uno dei settori più complicati della macchina pubblica: si regge su un’organizzazione complessa, difficile da comprendere da chi non la vive quotidianamente. Sarebbe opportuno astenersi dall’addentrarsi in contenuti tecnici che riguardano didattica ed istruzione, ancora di più dal dare giudizi. Invece, nell’era dei social media tutti sembrano autorizzati a farlo, spesso con poca umiltà, dimostrando sempre di più che il buon Umberto Eco aveva ragione da vendere nel disprezzare la democrazia dell’on line. Ma se a cadere nella trappola del facile giudizio, non supportato da adeguate conoscenze, è un intellettuale dalla portata del professore Ernesto Galli della Loggia, allora la questione assume risvolti quasi inattesi.
Lo storico una settimana fa aveva usato parole forti sul Corriere della Sera parlando del sostegno agli allievi con disabilità, definendolo un “mito” da superare e supportando le critiche con diverse imprecisioni. Sette giorni dopo, Galli della Loggia è tornato sull’argomento che tanta indignazione aveva determinato: dopo un’ottima premessa e avere ammesso di avere sbagliato (“La mia intenzione non era affatto quella di auspicare il ritorno alle classi differenziali di un tempo”), è tornato ad argomentare il tutto con un numero di inesattezze ed errori praticamente da impallidire.
Una sequela di imprecisioni
Galli della Loggia, ad esempio, ha associato gli alunni bisogni speciali con gli allievi che hanno il sostegno, coniando l’originalissima “disabilità Bes” (sbagliato, perchè fonde due realtà scolastiche completamente diverse); ha affermato che anche gli alunni con bisogni speciali o stranieri che non parlano italiano hanno l’insegnante di sostegno (sbagliato); ha scritto che in una classe con più alunni disabili si può avere al massimo un docente di sostegno per 18 ore settimanali (sbagliato, perchè ve ne possono essere anche di più) e che in tutte le altre ore non può essere assegnato nessun altro (sbagliato, perché ignora l’esistenza degli assistenti alla comunicazione); il docente di sostegno viene etichettato come un lavoratore che “non ha alcuna preparazione specifica se non alcune vaghe nozioni d’ordine generalissimo apprese in un corso annuale” (sbagliato, perché il Tfa sostegno e a suo tempo le Ssis risultano dei percorsi formativi di alto livello formativo e tutt’altro che agevoli da superare) che lo porta ad “una semplice presenza/assistenza” in classe (sbagliato, perchè il prof di sostegno non assiste l’alunno con disabilità ma è un docente della classe e di sicuro non un assistente); “gli insegnanti «di sostegno» ambiscono in realtà a lasciare il loro ruolo per inserirsi nel ruolo normale d’insegnamento dopo un triennio” (sbagliato, perché occorre attendere almeno cinque anni e tantissimi docenti di sostegno non hanno alcuna intenzione terminato il quinquennio di presentare domanda per insegnare su materia).
In tal modo, continua l’editorialista, “si realizza così un continuo processo di avvicendamento/assunzione di insegnanti «di sostegno», e di conseguenza anche un continuo aumento di insegnanti curriculari indipendentemente da ogni constatato bisogno di essi e da ogni concorso” (sbagliato, perché il passaggio su cattedra comune avviene solo se il posto richiesto è vacante e non certo aggiuntivo); “ciò che spiega, tra l’altro, come mai attualmente di fronte a 800 mila circa insegnanti si contino ben 160 mila insegnanti «di sostegno»” (sbagliato, perché il fabbisogno degli insegnanti che fanno didattica speciale è legato esclusivamente alla presenza degli alunni in classe e il loro numero complessivo ormai supera quota 200 mila).
Le sentenze
Nella parte finale del secondo editoriale, Galli della Loggia si lascia quindi andare a delle vere e proprie sentenze.
Prima sostiene che “la permanenza in aula dell’alunno disabile, non” è “accompagnata in realtà da alcun intervento significativo che vada al di là della suddetta permanenza”, bollando quindi come inutile la presenza del prof di sostegno in classe; quindi, arriva a dire che gli alunni con disabilità “piuttosto che essere immersi in un ambiente totalmente altro assistiti da un incompetente” avrebbero più giovamento “dall’inserimento in un’istituzione capace di prendersi cura di simili casi in modo più appropriato e scientificamente orientato” (sostituendo le classi speciali in istituti speciali); quindi propone “un corso intensivo d’italiano” di tre mesi per gli stranieri “prima di fare ingresso in una qualunque classe”; quindi sostiene che il modello di integrazione degli alunni di “Italia, Spagna e Grecia” dovrebbe essere sostituito con quello adottato in “tutti gli altri Paesi dell’Unione” dove “le regole sono diverse”.
Infine, Galli della Loggia racconta la storia di “Dario, un giovane e carissimo amico napoletano, disabile, protagonista di un brillante itinerario scolastico e universitario, che si sta avviando ad una carriera di studioso”: l’editorialista non spiega però quel è la scuola “speciale” che questo ragazzo ha frequentato.