Lo psicoanalista, neuropsichiatra infantile, professore universitario e scrittore Massimo Ammaniti, intervistato da La Stampa, ha discusso in merito alle debolezze dei giovani e dei genitori di oggi, alla luce dei recenti fatti di attualità. Ecco le sue parole e i suoi consigli.
Occupazioni, Ammaniti contro Valditara
Innanzitutto Ammaniti ha commentato le parole del ministro Valditara sulle occupazioni: “Mi sembra ci sia un clima abbastanza autoritario nei confronti dei ragazzi. Anche se le occupazioni sono spesso un rituale ripetitivo, con i ragazzi bisogna discutere. Esprimono una protesta che riguarda la scuola, o fatti internazionali, o la politica, e vanno presi in considerazione. Non si può solo rispondere in modo repressivo, addirittura prefigurando che chi occupa sia bocciato”.
“Se ci sono dei danni alla scuola e alle aule chi occupa ne deve rispondere, le famiglie ne devono rispondere, sono d’accordo. È una cosa che non può essere accettata. E penso anche che i ragazzi debbano partecipare attivamente alla riparazione della scuola, perché è un luogo che appartiene a loro e alla comunità. Sono andato a rileggere un articolo di un regio decreto del 1925 in cui si parlava dei provvedimenti disciplinari nei confronti degli alunni: si cominciava dall’ammonizione, si passava alla sospensione fino a 5 giorni, poi fino a 15, e ancora la bocciatura fino ad arrivare a quello che tutti ricordiamo: l’espulsione da tutti gli istituti del Regno d’Italia. Questo succedeva nel 1925, in
pieno fascismo. Quel decreto fu abrogato nel 1998″, ha aggiunto, critico.
“La scuola non cerca un’interlocuzione con i ragazzi”
Ecco alcuni consigli di Ammaniti e alcune critiche sul sistema scolastico attuale: “La scuola tende ad autoproteggersi, a difendersi, non cerca un’interlocuzione con i ragazzi. Li tratta da minori che non hanno diritto di parola. Sarebbe invece importante che gli studenti fossero in grado di interagire, di discutere con gli insegnanti sul loro metodo, perfino sulle loro valutazioni. Questo crea un clima di collaborazione e fa sì che i professori mostrino interesse per quel che gli studenti pensano, provano, sentono”.
“Ci sono ragazzi che tengono molto alla scuola, però si ritirano perché hanno paura del fallimento. Non sono in grado di affrontare un brutto voto. Vanno puniti o accompagnati? Questo ritorno all’autoritarismo mi turba perché significa dimenticare 120 anni di studi psicologici sull’adolescenza che non possono essere trascurati. Invece di fare programmi per cercare di recuperare i ragazzi, invece di interrogarsi su come i licei e gli istituti tecnici o professionali potrebbero funzionare meglio, e capire le loro motivazioni, si studiano sanzioni”.
“È patrimonio comune che se un ragazzo trova l’insegnante appassionato della sua materia, che gli trasmette la curiosità, il desiderio di conoscere e approfondire, va avanti. L’ho visto accadere molte volte. Mentre quando la
scuola interviene per bocciare non fa che scoraggiare i ragazzi e le ragazze, facendo perdere qualsiasi amore per lo studio”, ha concluso l’esperto.