Sono moltissimi gli influencer che pubblicano molto spesso foto e video dei loro figli, riprendendone il volto, il corpo, a volte ritraendoli in momenti che dovrebbero rimanere intimi. Si tratta di un fenomeno che è stato denominato “sharenting”, i cui pericoli sono moltissimi.
Basta pensare banalmente a ciò che potrebbero fare di questi contenuti, fruibili liberamente da tutti, i pedofili. Per non parlare della questione della privacy dei minori, che non hanno facoltà di scelta e non possono decidere se voler comparire negli smartphone di milioni di persone.
La social media strategist e giornalista Serena Mazzini, come ha annunciato nelle sue storie Instagram, che da tre anni studia il fenomeno dell’esposizione dei minori, presenterà domani, 21 marzo, alla Camera dei Deputati, i dati che ha ricavato dalle ricerche. La studiosa ha annunciato anche che presto sarà presentata la proposta di legge per vietare queste pratiche.
Tra le influencer che più hanno esposto i loro figli c’è anche Chiara Ferragni, la quale, proprio ieri, ha iniziato a pubblicarne le foto riprendendoli solo di spalle.
I pericoli dello sharenting
Noi avevamo già trattato il tema quasi un anno fa. Il nostro collaboratore Dario De Santis, storico della scienza, ha realizzato un reel per sensibilizzare sui pericoli dello sharenting che è stato visto da più di due milioni di persone. Ecco il suo punto di vista: “Quando condividiamo una foto sui social infatti non la stiamo mostrando, ma stiamo diffondendo dei duplicati. Chiunque infatti, da Whatsapp a Facebook, può scaricare quella foto sul proprio device e farne ciò che vuole. Per quanto dunque il gesto assomigli molto a quello di mostrare una foto a un gruppo di amici, in realtà è qualcosa di profondamente diverso. E mentre i contatti digitali sono normalmente meno profondi e vincolanti di quelli fisici e reali, nel caso delle fotografie è esattamente il contrario: concedere l’amicizia a una persona su Facebook non significa farla entrare in “casa nostra”. Al contrario invece mostrare sui social una foto di nostro figlio in costume vuole dire permettere potenzialmente a chiunque di tenerne una copia.
Non penso di sorprendere nessuno affermando che esistono gruppi di pedofili che condividono anche materiale pescato dalla rete senza troppe difficoltà. Tuttavia, anche senza arrivare a uno scenario tanto inquietante, deve essere chiaro che il materiale condiviso in rete rimarrà per molto tempo a disposizione di tutti, anche di coloro che con noi non sono in contatto diretto.
I bambini non possono prendere una decisione di questo tipo, non hanno gli strumenti per riflettere sulle conseguenze di questo gesto; quando saranno grandi potranno decidere in prima persona se e cosa condividere di loro, comprese le tante foto dell’infanzia; ma se lo facciamo noi per loro prenderemo una decisione irreversibile.
Per cosa poi? Per un pugno di like? Mostriamo fisicamente le foto dei nostri bambini, stampiamole e teniamole in casa o regaliamole ai nostri cari, ma ricordiamoci che la condivisione di una foto digitale non è come mostrare un album di foto.
Si tratta di una questione rilevante, ancora poco dibattuta e lasciata alla coscienza di ognuno di noi. Sarebbe invece importante quantomeno riflettere sulle peculiarità di questo gesto per avviare a una discussione comune e stilare delle norme condivise.
Nel frattempo se proprio non possiamo fare a meno di condividere, postiamo in rete solo materiale fotografico che mostreremmo a un pubblico di sconosciuti”.