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Ansia e carichi lavoro

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Non saprei dire se gli studenti di oggi (o molti di loro) siano ansiosi e stressati più del dovuto, fino a rischiare derive patologiche, non saprei dire neanche se siano cosi ‘piccoli e fragili’ da dover essere protetti, curati, preservati e cautelati con misure speciali, riassumibili con il magico nome di ‘inclusività’ (misure di protezione eccessive che non sempre portano ai risultati sperati, anzi…)

Queste ricerche le lascio agli studiosi ‘illuminati’, sempre pronti a pontificare (non senza un certo recondito piacere) sui mali della scuola e le mancanze dei docenti. Se poi così fosse, ammetterei la mia ignoranza sulle cause che hanno portato a una tale situazione, pericolosa per scuola e la società intera. Fiumi di parole di dotti e sapienti scorrono sull’argomento. Fiumi che si perdono, spesso, negli oceani tempestosi della confusione.

Mi nasce, però, spontaneamente, il sospetto che una delle tante cause che possono aver messo in crisi tantissimi allievi sia forse anche da ricercare nel carico di lavoro a cui (almeno in teoria) sono sottoposti i nostri ragazzi. Una montagna di impegni assai gravosa, difficile da scalare e in continua crescita, anno dopo anno. Proprio così, perché, i doveri degli studenti non si fermano (come una volta) ai programmi scolastici, da svolgere durante la mattina, e ai compiti a casa. Sarebbe troppo facile. C’è ben altro da fare: corsi di recupero, elaborazione di molteplici svariati progetti educativi (dal teatro alla cucina, dalla biblioteca allo sport, dal giardinaggio- meglio dire transizione – green alla sicurezza e interventi di primo soccorso, dall’educazione all’affettività alla conoscenze imprenditoriali ed altri ancora), formazione ‘STEM’, corsi di linga (solo inglese ovviamente) previsti dal P.R.R.N,, alternanza scuola-lavoro, attività di orientamento, educazione alla cittadinanza, esperienze all’estero, partecipazione a convegni di ogni tipo e molte altre iniziative e occasioni di conoscenza proposte dalla scuola o imposte dal Potere centrale. A tutto ciò aggiungiamo poi (come se non bastasse) le diverse attività nelle quali privatamene e per passione sono impegnati i ragazzi. Sembra proprio che non se ne possa fare a meno.

Riuscire a far tutto in modo almeno dignitoso diventa una vera impresa, un’impresa per pochi.

Aggiungiamo e sottolineiamo (proprio lo merita!) l’ultima trovata (davvero un’opera d’arte!) della nostra ineccepibile classe dirigente della scuola: il ‘Capolavoro’ (termine forse troppo ambizioso).

In sostanza un impegno aggiuntivo (di discutibile utilità) gettato sulle spalle (già curve per i mille compiti che devono ‘sopportare’) degli studenti del triennio della scuola secondaria di secondo grado. Un lavoro in più (davvero necessario?) che avrà il suo compimento e riceverà la sua valutazione finale alla fine del triennio, probabilmente durante l’esame di Stato. Di fronte a tanta mole di lavoro sfido chiunque a non farsi prendere dall’ansia, dallo stress, dalla disperazione, dalla rassegnazione. E’ vero, l’energia e la forza della gioventù (non di tutta però) è immensa e può smuovere le montagne, ma forse è più facile smuovere una montagna che eseguire bene i cento e uno compiti assegnati. In molti prevale lo scoramento, si insinua lo scoraggiamento, vince la paura, trionfa il disorientamento e l’immobilismo. Siamo così nell’ansia più totale, nel terrore di sbagliare, nella certezza del fallimento.

Meno male che i giovani, benché fragili (come si dice), mostrano, spesso, di possedere cervelli ‘astuti’,  innate capacità operative e sorprendenti e inaspettate risorse! Ringraziamo il Cielo, inoltre, che oggi l’intelligenza artificiale rappresenta proprio un’ancora di salvezza, tanto da permettere agli allievi di portare felicemente a termine ogni cosa (comprese le verifiche in classe) muovendo solo un dito, senza garantirgli però la consapevolezza di quanto è stato fatto.

Invero alcuni alunni (non tanti), valorizzando tutte le loro capacità e i sofisticati strumenti della tecnica cercano e riescono nell’impresa di riuscire adeguatamente (o sufficientemente) in tutto quanto viene loro richiesto, altri invece preferiscono procedere ad una selezione (radicale o misurata) e si impegnano solo in determinate attività (di solito quelle pomeridiane), non pochi (forse addirittura i più), però, veramente scoraggiati, depressi e confusi, passano da un impegno all’altro senza troppa convinzione e presentano, alla fine, esigui risultati. In fondo, però, rimane anche in quest’ultimi ‘disperati’ un lume di speranza, la speranza che una scuola come la nostra, così comprensiva e umanitaria, desiderosa di non lasciare indietro nessuno, alla fine, nonostante il loro insufficiente operato, li promuoverà.

Probabilmente sarà così, ma al di là di questo, ci chiediamo se un sistema scolastico concepito in tal modo potrà garantire veramente una preparazione valida, profonda   solida o si dovrà accontentare di fornire una conoscenza tanto ampia quanto superficiale con conseguenze future non positive né per gli alunni né per la società

Del resto lo vediamo tutti, l’accumulo e il continuo incalzare di obblighi pomeridiani spinge gli alunni (ma anche inevitabilmente gli insegnanti) a marginalizzare quello che in passato costituiva il cuore pulsante della scuola (la lezione del mattino) per privilegiare le attività, un tempo marginali e contate del ‘post-prandium’..

Ma Dov’è la scuola di una volta! Al mattino lezione, al pomeriggio i compiti (a volte, nell’arco della settimana, qualche attività extrascolastica). Non c’è più, è morta, rimane soltanto nella memoria. Bisogna adeguarsi, ma fino a che punto?

E adesso ci fermeremo qua? Al Capolavoro? Dubito, ben sappiamo, infatti, che le donne e gli uomini che muovono, dai piani alti, il mondo della scuola, sono continuamente in attività per creare cose nuove e calare dall’alto altri impegni per gli studenti (e i docenti). Interventi di apparenza e di poca sostanza spesso o, peggio, decisioni non di rado poco utili o dannose, certamente ansiogene e stressanti , per i discenti e anche per i docenti.

Andrea Ceriani