Il conto alla rovescia per la fine della scuola è ufficialmente iniziato. Se da una parte gli studenti esultano per l’avvicinarsi delle vacanze estive, dall’altra cresce l’ansia per le pagelle e le valutazioni finali. Questo è il periodo più temuto non solo dagli alunni, ma anche dai loro genitori.
Durante l’anno scolastico, parlare di quello che accade a scuola non è mai semplice. Alla classica domanda “Come è andata oggi?”, molti bambini e ragazzi rispondono con un laconico “Tutto bene”. La conclusione dell’anno scolastico può però trasformarsi in un’opportunità preziosa per aprire un dialogo e un confronto tra genitori e figli. È un momento di riflessione condivisa, in cui analizzare insieme il percorso compiuto. Ma come comportarsi in questa fase finale dell’anno scolastico?
Ecco alcuni suggerimenti: “Innanzitutto occorre evitare il terzo grado, non approcciarsi ai nostri figli con un atteggiamento indagatore, inquisitorio o punitivo ma sfruttare questo momento come spunto di riflessione. Ricordiamoci che la pagella e le valutazioni possono essere visti come un punto di partenza, non solo di arrivo” dice Giovanna Giacomini, pedagogista e formatrice. “Possiamo riflettere insieme su quali sono state le difficoltà riscontrare nella pagella e utilizzare queste informazioni per riorganizzare il metodo di studio, il luogo dove avviene e la distribuzione del tempo da dedicare nonché l’eventuale coinvolgimento di un professionista a supporto. La pagella e le valutazioni devono diventare strumenti di crescita per aiutare i ragazzi a migliorare non solo il rendimento ma anche e soprattutto la motivazione.”
“I voti sono solo una foto”
La pedagogista consiglia di non focalizzarsi sulla pagella e sui voti. “Questi sono semplicemente una fotografia, un istante nel percorso della vita di una persona e di conseguenza dicono ben poco del vissuto a scuola. Possiamo prenderlo come un elemento base dal quale partire per poterne discutere con i bambini, i ragazzi, le insegnanti e la scuola. Di fronte a un voto o a una pagella negativa evitiamo di mettere in atto punizioni o castighi che difficilmente portano da qualche parte e che sicuramente non aiutano a sollecitare i ragazzi a impegnarsi maggiormente. Spesso gli studenti non si preoccupano eccessivamente del brutto voto, arrivano a percepirlo come un fallimento perché è la famiglia a viverlo come tale”, precisa Giovanna Giacomini “sono i genitori a interpretarlo in questo modo. Ciò è dovuto al fatto che gli adulti hanno delle difficoltà a porsi alla giusta distanza, quella che permetterebbe loro di vedere i propri figli come persone diverse da loro e non come estensioni di loro stessi. Questa visione diventa ovviamente un problema nel momento in cui il bambino o il ragazzo prende decisioni diverse da quelle che avremmo preso noi o se dovesse incontrare una frustrazione o un fallimento. Quando le cose non vanno per il verso giusto utilizzare frasi come – da te non me lo sarei aspettato – vanno assolutamente evitate perché non fanno altro che porre il focus su quello che sta succedendo, sulle nostre di emozioni e non su quelle dei ragazzi che già vivono un disagio, aumentando così il carico con la nostra delusione. È quindi necessario mettere da parte le proprie emozioni e focalizzare l’attenzione sul vissuto dei propri figli. Riflettiamo sul fatto che non si può tornare indietro e non ha senso rimuginare sul passato. È più utile partire dal qui e ora, e cercare di tracciare nuove linee per il futuro insieme a nostri ragazzi facendogli sapere che ci siamo e che siamo sempre pronti a sostenerli”.
L’epoca della performance
Sicuramente la società attuale non è di grande aiuto. Oggi viviamo in un’epoca dove, la performance è tutto. La società ci ripete a gran voce che dobbiamo essere performativi e non contempla tempi morti.
I nostri giovani sono impegnati in tante attività extra-scolastiche. “Come esseri umani, abbiamo invece bisogno di uno spazio contemplativo”, spiega l’esperta che prosegue “frasi d’uso comune come ad esempio – il tempo è denaro – sono un po’ esemplificative della nostra società. La lingua mostra sempre la realtà che ci circonda e questo spinge verso l’equivalenza che la felicità si raggiunga con il successo. Ma c’è una grande differenza tra essere felici e raggiungere quel successo dettato da qualcosa che sta al fuori di noi. In realtà la felicità va ritrovata e ri-collocata dentro di noi e non è assolutamente detto che coincida per forza con gli obiettivi prefissati dall’esterno. La soluzione è normalizzare il fallimento e prendersi maggior tempo per ripensare al proprio benessere, altrimenti i più giovani si sentiranno sempre più sopraffatti. È necessario ridisegnare le nostre priorità di adulti e in qualche maniera coinvolgere i nostri figli in questo processo di acquisizione di una maggiore consapevolezza in modo da poter diventare veramente padroni di noi stessi e non farci influenzare eccessivamente. La conclusione dell’anno scolastico può essere anche questo, un momento in cui ribadire a noi stessi e ai nostri figli che sbagliare è umano e che un insuccesso non definisce chi siamo”.
Come reagire di fronte ad un successo?
Voto e giudizio sono due cose ben distinte. Il giudizio va oltre le valutazioni. È un concetto molto più ampio ed è di natura qualitativa più che numerica, consente di descrivere in qualche maniera quello che stiamo osservando. In questo caso occorre fare attenzione a distinguere il giudizio rispetto a un comportamento o una situazione dal giudizio rispetto alla persona. “È importante aiutare i bambini e i ragazzi a capire questa differenza e spiegare loro che il giudizio sulle pagelle si riferisce sempre al loro ruolo di studenti e non a loro come persone” spiega Giovanna Giacomini.
Di fronte ad un successo dei bambini e dei ragazzi, ricordiamoci che è importante sostenere la visione positiva di se stessi, senza però caricarli con le nostre aspettative. “È una linea sottile nella quale ci muoviamo come equilibristi. Possiamo focalizzarci sull’impegno e non lodare solo i risultati, riconosciamo loro lo sforzo, la dedizione e la perseveranza. L’obiettivo è promuovere una mentalità di crescita continua. Possiamo usare un linguaggio che enfatizzi il miglioramento e l’apprendimento continuo utilizzando frasi come – sei migliorato molto in questo aspetto o hai fatto un ottimo lavoro -“ conclude la pedagogista.