Home I lettori ci scrivono Assurdo escludere lo studio della Divina Commedia per gli studenti musulmani

Assurdo escludere lo studio della Divina Commedia per gli studenti musulmani

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Gentile Redazione,

un insegnante (?) di Treviso ha esonerato i propri studenti mussulmani dallo studio della Divina Commedia perché, a suo dire, vedere Maometto confinato nell’Inferno avrebbe potuto urtare la loro sensibilità.

Una follia educativa. La stessa follia educativa che sta facendo scomparire dagli atenei di tutto il mondo lo studio dei classici greci e latini, collocando Omero tra i razzisti portatori di “mascolinità tossica” e dunque non in linea con il politicamente corretto. La chiamano cancel culture, anche se vedere associata la parola “cultura” a questa follia mi fa correre brividi freddi lungo la schiena.

Che cultura è quella che cancella i pilastri della cultura stessa? Cosa c’è di culturale nella distruzione suicida delle proprie radici?

Rimango però su quello che è accaduto a Treviso. I testi, soprattutto quelli più lontani da noi, vanno letti entrando nel tempo storico in cui sono stati scritti, collocandoli nel loro contesto culturale e valoriale, prendendo in considerazione la mentalità dell’autore, le sue convinzioni, la sua vita, la sua fede (e non solo le proprie!).

È profondamente scorretto leggere un testo con le categorie di oggi, giudicandolo secondo la mentalità di oggi. Un insegnante cosciente dovrebbe insegnare ai propri studenti a sviluppare, al contrario, una capacità critica e interpretativa, rendendoli così da potersi immergere in mondi anche lontani ma con la capacità di leggerli correttamente, secondo lo spirito con cui sono stati scritti.

Il compito di un docente non può essere quella di nascondere sotto il tappeto i grandi testi perché (sbagliando) pensa che potrebbero dare fastidio o essere fraintesi, ma quella, al contrario di fornire agli studenti gli strumenti critici e interpretativi necessari proprio ad evitare il fraintendimento e l’incomprensione.

Se invece è lui il primo a “leggerli male”, secondo le proprie idee, e quindi a non comprenderli, ecco che allora può solo dire “questo non si può leggere”. Che ne sarà, allora, di un Platone che nella Repubblica sostiene il principio della comunanza delle donne? E di Socrate, che probabilmente praticava la pederastia tipica del mondo classico? Aristotele riteneva legittima la schiavitù, sostenendo addirittura che gli schiavi avessero uno statuto non propriamente umano. E quindi? Cosa facciamo, buttiamo via le fondamenta della nostra civiltà? Temo che purtroppo, di questo passo, oscurando completamente la ragione e cedendo il passo ai sentimentalismi più superficiali, ci arriveremo.

Una mentalità che non è più capace di stare davanti a tutto, non sapendolo più interpretare e giudicare correttamente, alla fine è costretta a fare proprio quello che il docente di Treviso ha fatto: selezionare e dire “questo sì, questo no”. Ma quanto è più bello (oltre che più corretto) inserire gli uomini e i testi nella loro mentalità e nella loro cultura, e imparare così leggerli nella loro verità, senza essere costretti a buttare via niente?

 Questo docente di Treviso, ostracizzando Dante, non dimostra, secondo le sue intenzioni, la propria inclusività verso tutti gli studenti: al contrario dimostra solamente la propria ristrettezza mentale, e la propria incapacità a leggere correttamente i testi. Ma soprattutto mette in luce la difficoltà di svolgere fino in fondo il proprio compito educativo, che non è quello di evitare agli studenti la fatica dell’interpretazione critica (lasciandoli così sguarniti sia di strumenti che di conoscenza), ma quello di introdurre i propri studenti nella conoscenza e nella bellezza anche di quegli universi culturali a prima vista lontani, fornendo loro anche gli strumenti adeguati per farlo. Il docente “cancellatore” si dimostra alla fine molto meno inclusivo dello stesso Dante (che vorrebbe eliminare proprio perchè “poco inclusivo”).

Dante, è vero, fa patire a Maometto le pene dell’inferno. Ma nello stesso tempo non ha alcuna paura di inserire Averroè tra gli spiriti magni e nemmeno di tessere le lodi del Saladino sia nella Commedia che nel Convivio. E allora, chi è più aperto e più libero? Chi si dimostra più inclusivo? Dante, capace di giudicare tutto senza dover eliminare nessuno, o il docente di Treviso, che in nome dell’inclusione è costretto ad escludere?

Marco Radaelli

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