In occasione della Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che si celebra ogni anno il 12 giugno, l’UNICEF Italia ha presentato il 2° Rapporto statistico “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Secondo il rapporto, nel 2023 sono stati registrati 78.530 lavoratori minorenni di età compresa tra i 15 e i 17 anni, pari al 4,5% della popolazione totale in quella fascia d’età. Questo dato rappresenta un aumento significativo rispetto ai 69.601 del 2022 e ai 51.845 del 2021. La maggior parte di questi lavoratori è impiegata come dipendenti, seguiti da operai agricoli e lavoratori con voucher.
Aumento del lavoro minorile post-pandemia
Il rapporto evidenzia un aumento costante del lavoro minorile, non solo rispetto al periodo pandemico, ma anche rispetto al 2019. Nella fascia di età fino a 19 anni, nel 2022 i lavoratori erano 376.814, rispetto ai 310.400 del 2021. Questi dati sottolineano la necessità di un’attenzione continua su questo fenomeno, che riflette lo stato di salute della società e il benessere futuro dei giovani in Italia.
Reddito medio settimanale e disparità di genere
Il rapporto introduce anche un’analisi del reddito medio settimanale dei lavoratori minorenni. Per i maschi, il reddito medio è passato da 297€ nel 2018 a 320€ nel 2022, mentre per le femmine è aumentato da 235€ a 259€ nello stesso periodo. Questo conferma una retribuzione costantemente più alta per i maschi rispetto alle femmine.
Distribuzione geografica e regionale
Le quattro regioni con la percentuale più alta di minorenni occupati (15-17 anni) rispetto alla popolazione residente sono: Trentino-Alto Adige (21,7%), Valle D’Aosta (17,8%), Abruzzo (7,6%) e Marche (7,2%). Queste regioni superano abbondantemente la media nazionale del 4,5%.
Differenze di genere nel lavoro minorile
Nel 2022, dei 376.814 minorenni lavoratori fino a 19 anni, 233.638 sono maschi e 143.176 sono femmine, in aumento rispetto ai 193.182 maschi e 117.218 femmine del 2021. Questo trend riflette le tendenze nazionali, dove il tasso di occupazione femminile è molto più basso rispetto a quello maschile (57,3% contro 78,0%). Il divario di genere è particolarmente marcato nelle regioni del Sud Italia, mentre la Valle D’Aosta registra il minor divario.