Forse il Ministero dell’Istruzione (e del merito) sperava che quest’anno le prove di maturità non avrebbero suscitato polemiche. Speranza illusoria. Ancor prima degli orali infatti, già dopo le tracce relative alla prima prova, alcune critiche non positive (leggere o più incisive), sono state sollevate, ma nulla di grave, in fondo anche questo rientra nella normalità dell’Esame, anzi ne fa parte.
Mi hanno colpito invece (senza peraltro sorprendermi più di tanto) alcuni interventi di valenti studiosi o docenti o semplicemente cittadini attenti al mondo della scuola, chiaramente e provocatoriamente scettici verso l’esame in sé. Secondo la loro opinione l’Esame di Stato dovrebbe (detto esplicitamente) essere abolito.
Rilevante in questo senso è stata la riflessione del Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi. La sua idea è chiara. L’esame rappresenta un’importante momento simbolico, ma il suo valore pratico è discutibile, se non inutile. Vengono confermati (in sostanza) le valutazioni pregresse, è pressoché irrilevante per il percorso universitario e non viene preso in grande considerazione dalle aziende private. Lo si mantenga pure, rivedendone struttura e finalità (espressione vaga!) oppure lo si lasci così, a suggellare la fine di un percorso di studi.
Altri hanno consigliato di finire il quinto anno con una ‘festa di passaggio’ (mantenendo la dicitura Esame di Stato), ‘purificata’ da prove troppo ardue o dai soliti testi complessi o mortuari (ci si riferiva ovviamente a Ungaretti. Certo non tutti comprendono la vera poesia!).
Qualcuno proponeva di limitarsi a una certificazione di competenze, accompagnata da una somministrazione di prove (probabilmente scritte) relative soltanto alle materie curricolari che segnano ogni percorso di studio.
Certo, togliere proprio l’Esame sarebbe assai complicato. La Costituzione parla chiaro (art. 33.5) e lo richiede e esplicitamente. Si potrebbe anche cercare di aggirarla con qualche artificio bizantino, ma non sarebbe facile.
L’unica soluzione, allora, sarebbe quella di abolire l’articolo della stessa Costituzione, specifico sull’Esame di Stato (quanto è già stata e sarà martoriata la nostra Costituzione?), una pessima soluzione, però, senza dubbio. Lo stesso ragionamento sul senso della ‘prova’ viene svolto per l’esame di terza media.
Una rappresentazione sempre molto interessante (o pittoresca), ma poco o per nulla efficace (così mi scrivono molti colleghi). In fondo, sic stantibus rebus, perché no? Tutti superano l’esame di terza media (con grande inventiva dei docenti per riuscire a giustificare promozioni ‘impossibili’) e, inoltre, i consigli di orientamento dei docenti per la scuola superiore di secondo grado non sono vincolanti. Semplici opinioni spesso (molto spesso) non tenute in debita considerazione dai genitori dei neo-licenziati.
Per le superiori (di secondo grado) poi, tutti sappiamo le trattative e i compromessi per ammettere all’esame tutti gli alunni delle classi terminali, anche coloro che presentano più e gravi insufficienze. I risultati finali, poi, anche attraverso il ‘meccanismo’ dei crediti e con le personalizzate modalità di verifica (altro che esame ‘gentiliano’) sono positivi al cento per cento (o quasi, solo qualche sfortunato privatista non riesce nell’impresa). Sì, sarebbe la cosa più ragionevole.
Togliere gli esami e sostituirli con le valutazioni ottenute nel corso dell’ultimo anno o dei tre ultimi anni di scuola o con certificati di competenza (saranno poi validi ?) o, perché no, con i risultati delle prove invalsi. In passato, in tempi diversi, abbiamo già tolto l’esame di seconda elementare, di quinta elementare, di quinta ginnasio (dalla quinta ginnasio alla prima liceo classico, preistoria scolastica). Non resta, adesso, che eliminare o minimizzare e svuotare di significato i due esami che restano: l’esame di terza media e quello di Stato.
Eppure, nonostante tutto (in direzione ostinata e contraria) proporrei di lasciare questi due esami, eventualmente con qualche correttivo che introduca maggior severità (veramente anacronistico!). Bisognerebbe almeno valorizzare e attivare come prassi ‘regolare’, la possibilità di non ammissione e puntare, per la valutazione finale, maggiormente sull’esame (senza poter essere già promossi, grazie ai crediti pregressi, anche senza dire una parola al colloquio, come forse è già accaduto) e meno sulle valutazioni degli anni precedenti.
Un esame fondato su due pilastri: gli scritti (non meno di tre) e le interrogazioni orale su tutte (o gran parte) delle materie dell’ultimo anno. Alla fine si vedrà chi merita di essere promosso o a chi deve essere ‘donata’ l’opportunità di approfondire determinate materie. Sto esagerando, lo so. Chi mai vuole sentire parlare di bocciature (o non ammissioni) in questa ‘scuola nuova’ guidata dalla salvifica ‘inclusività’ e dalla convinzione (su cui si potrebbe riflettere) che per evitare la dispersione scolastica bisogna seguire “maternamente” i ragazzi (e le ragazze) e non causare loro alcun trauma ‘irreversibile’ (quale potrebbe essere una bocciatura)?
Si certo, la mia proposta è un po’ provocatoria, eppure continuo a sostenere l’esistenza dell’Esame di terza media e dell’Esame di Stato (di Maturità), con o senza opportuni cambiamenti, anche se dovessero persistere le distorsioni e le contraddizioni strutturali e procedurali e dovessero rimanere alcuni orpelli ‘scenografici’ (i fiori dei genitori ai figli ‘maturi’!).
Probabilmente gli esami e, in particolar modo l’Esame di Stato (o Maturità), col tempo e con i vistosi e destrutturanti cambiamenti sociali, hanno perso parte del loro valore metamorfico. Ciò però non deve portare a cancellarli, sostituendoli con svigorite copie o non sostituendoli per nulla, al contrario, bisognerebbe cercare di ripensarli, fortificarli e tutelarli per restituire loro quel grande valore simbolico ormai sbiadito.
Compito non semplice, al di là di frasi generiche e retoriche, ancora meno semplice è poi individuare persone valide, competenti, equilibrate e di buon senso in grado di realizzare un’“ardua impresa”. Ardua ma necessaria, perché gli esami sono imprescindibili, non fosse altro per incominciare ad apprendere come preparare, gestire e affrontare un esame universitario o un colloquio di lavoro. Svecchiamoli e corroboriamoli eventualmente, ma non depenniamoli con un semplice tratto di penna, priveremmo i giovani di un momento importante, un momento decisivo (potremmo dire topico) per la loro vita futura.
Andrea Ceriani