Quando potrò andare in pensione? Al momento, per i lavoratori della scuola le possibilità di anticipare i 67 anni introdotti con la riforma Fornero sono sempre più difficili da raggiungere e sconvenienti. In ogni caso, le possibilità sono diverse.
- per le donne avere accumulato 41 anni 10 mesi di contributi e per gli uomini 42 anni 10 mesi (in entrambi i casi a prescindere dall’età e senza alcuna decurtazione);
- aderire alla pensione anticipata flessibile, la cosiddetta quota 103, riservata a chi nel 2024 ha raggiunto 62 anni di età e 41 anni di contributi;
- aderire ad Opzione donna (con forti decurtazioni) ma solo se si rientra nelle condizione di invalidità o assistenza a familiari con disabilità previste dalla legge;
- solo i maestri della scuola dell’infanzia e primaria che hanno raggiunto 36 anni di contributi possono aderire alla cosiddetta Ape Sociale (sempre se hanno in modo continuativo per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci).
Per chi riesce a rientrare in uno o più di questi anticipi, è bene anche sapere che tranne la pensione di anzianità comportano delle decurtazioni dell’assegno di quiescenza. Ma cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Le prospettive, già con la Legge di Bilancio 2025, non sono rosee.
La Tecnica della Scuola ha commentato questi temi con Manuela Calza, della segreteria nazionale della Flc-Cgil. La sindacalista ha parlato anche della pensione di anzianità, sottolienando che “dopo 41 anni 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni 10 mesi per gli uomini non si può certo parlare di anticipazione pensionistica. Comunque, rimane questo requisito, mentre sono state affossate tutte le altre possibilità: quota 100 nel corso degli anni è diventata quota 103 e prevede anche una penalizzazione con un passaggio completo al sistema contributivo che come si sa è un sistema estremamente penalizzante”.
“Per quanto riguarda Opzione donna – continua Calza – oggi viene innalzato il requisito anagrafico, passato a 61 anni, ma soprattutto è stata introdotta una limitazione: le donne che hanno diritto ad accedervi solo se in condizione di invalidità oppure se esercitano attività di assistenza a familiari con disabilità”.
“Rimane la possibilità di accedere alla cosiddetta Ape sociale, che in realtà è un’indennità, non una vera e propria pensione: un’indennità riconosciuta fino al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia. Solo che è riconosciuta a 62-63 anni soltanto ad alcune categorie di lavoratori, con mansioni cosiddette gravose, e nel settore della scuola è riconosciuta esclusivamente agli insegnanti di scuola dell’infanzia e da un paio d’anni anche agli insegnanti di scuola primaria. Bisognerebbe allargare questa possibilità di anticipo anche alla scuola del secondo ciclo”.
In generale, ha continuato, occorre approvare una riforma che permetta di “affrontare l’età della vecchiaia con serenità e in modo dignitoso, un aspetto che questo oggi appunto è sempre
compromesso dal fatto che il sistema contributivo si associa ad un altro elemento che è quello di carriere sempre più discontinue e caratterizzate da interruzione e da salari bassi”.
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? “Abbiamo già visto all’opera questo governo – risponde Calza – , sulle pensioni continua a fare cassa sulla pelle dei lavoratori, sulla pelle di chi comunque dopo una vita di lavoro avrebbe davvero diritto a una a un terza età dignitosa. Invece, l’anticipo pensionistico è ormai sempre più ristretto e penalizzato e delle promesse elettorali non è stato attuato nulla: servirebbe una riforma del sistema con più flessibilità e pensioni sostenibili, a iniziare dall’allargamento dell’Ape sociale alla secondaria”.
“I sindacati – conclude la sindacalista dei lavoratori della Conoscenza della Cgil – si preparano a valutare le proposte governative e, se necessario, sicuramente come abbiamo fatto negli ultimi anni sarà uno dei temi per cui chiederemo ai lavoratori e lavoratrici di mobilitarsi”.