Ecoansia è un termine relativamente nuovo, usato per la prima volta nel 1997 dalla ricercatrice canadese Véronique Lapaige – fondatrice a Québec della prima cattedra di ricerca su ‘Ecoapprendimenti, salute mentale e clima’ – che definisce la paura e l’apprensione causate dai possibili disastri dovuti al riscaldamento globale e all’impatto dell’umanità sull’ambiente naturale.
Sono bastati una quindicina d’anni perché il concetto di ‘ecoansia’ si diffondesse soprattutto tra i giovanissimi assumendo l’aspetto preoccupante di una forma di inquietudine che attanaglia molti di loro, l’angoscia di non avere un futuro e che con Greta Thunberg ha dato vita a un vero e proprio movimento internazionale, Fridays For Future.
Il fenomeno, dicevamo, si diffonde rapidamente e – come si legge sul sito Psichemilano, centro psicologico per la persona e la famiglia – assume diverse sfaccettature: la nostalgia per la natura (Solastalgia), la perdita di speranza per il futuro dell’ambiente (terrore globale), il blocco dei comportamenti pro-ambientali (Eco paralisi), il disagio per la privazione di interazione con la natura (disturbo da deficit di natura), il lutto per la perdita dell’ambiente naturale (dolore ecologico), la rabbia per l’indifferenza istituzionale ai bisogni ambientali (terrafurie) e l’apprensione continua sulle catastrofi (worry).
Proprio per verificare la reale incidenza di queste paure tra i nostri adolescenti, Greenpeace Italia ha lanciato, proprio a ridosso della fine di quest’anno scolastico, il primo studio condotto nel nostro Paese su un ampio campione di studentesse e studenti per indagare la diffusione dell’ecoansia relativo alle conseguenze traumatiche e psicopatologiche che gli eventi legati alla crisi climatica possono avere sulla popolazione giovanile.
In collaborazione con l’associazione ReCommon, l’Unione degli universitari e la Rete degli studenti, Greenpeace Italia si avvale del supporto scientifico dell’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management .
Il sito di Greenpeace Italia sottolinea che lo studio nasce nell’ambito della campagna “Chiedimi come sto” di UDU e RdS, lanciata nel post pandemia in Italia per prendersi cura della salute mentale delle giovani generazioni: le organizzazioni promuoveranno nelle scuole e nelle università italiane la compilazione di un questionario da parte di migliaia di studenti per comprendere l’impatto che la crisi climatica e i sempre più frequenti eventi meteorologici estremi hanno sulla salute degli under 35 del nostro Paese.
Nel questionario sono stati inseriti i test validati empiricamente per conoscere in maniera obiettiva le conseguenze che la preoccupazione e la paura per il cambiamento climatico hanno sulla salute mentale dei giovani: ansia, depressione, pessimismo, perdita di speranza riguardo al futuro e molte altre condizioni sfavorevoli al sano e soddisfacente sviluppo delle giovani generazioni.
Il report e i risultati che emergeranno da questa indagine su ampio spettro saranno resi noti a settembre dalle organizzazioni che promuovono l’iniziativa.